Si può iniziare l’attività motoria e sportiva in età precoce, ma ciò non significa avviare una specializzazione precoce e un allenamento finalizzato ad acquisire velocemente tecniche esecutive raffinate, aumentando il numero degli allenamenti.
A questo proposito, c’è da fare una puntualizzazione relativamente all’età, distinguendo l’età biologica (o scheletrica) e l’età cronologica.
Facendo riferimento alla prima, si devono evitare errori di metodologia di insegnamento e di allenamento, derivanti dal considerare alla stessa stregua due soggetti di uguale età cronologica, ma con caratteristiche morfo-funzionali differenti, stante il diverso momento evolutivo (differente età biologica).
Per molti Istruttori a livello giovanile è molto importante conoscere se sia possibile riconoscere subito in un giovanissimo atleta inclinazioni verso una particolare disciplina sportiva ed avviarlo ad essa.
Esiste a questo scopo, una naturale tendenza a riconoscere particolari doti solo nei soggetti che ottengono subito risultati tecnici notevoli in età precoce.
C’è da chiedersi se sia giusto che ciò avvenga nelle prime fasce d’età, oppure se non sia pedagogicamente corretto, porre una maggiore attenzione all’evolversi delle caratteristiche fisiche, motorie, psichiche e cognitive nel corso dei successivi anni e considerare solo dopo il grado di padronanza tecnica (quando e come insegnarlo), come “ruolo prevalente” dell’individuazione del talento.
Differenza tra l’avviamento precoce all’attività motoria e sportiva e la specializzazione precoce.
Gli Educatori, gli Insegnanti, gli Istruttori e gli Allenatori devono fare in modo che i giovanissimi atleti provino (senza essere costretti) ogni sorta di disciplina sportiva (prima quelle individuali e solo successivamente quelle collettive), per poi scegliere da soli la disciplina sportiva che meglio risponde alle loro esigenze motorie, cognitive e sociali.
Un lavoro multilaterale, ricco di varianti, consente di consolidare e stabilizzare le strutture fondamentali dei movimenti e dei gesti motori e contemporaneamente permette di mantenerli flessibili e modificabili nei dettagli.
La ricerca del talento
Da anni le problematiche relative all’individuazione e alla ricerca del talento sportivo, sono al centro di discussioni di Allenatori, Istruttori, Pediatri, Medici, Psicologi, Sociologi, Ricercatori, Fisiologi, CONI e Federazioni Sportive Nazionali.
Sulla ricerca del talento sono stati investiti denaro, tempo, risorse umane e finanziarie, sia per identificare ed assistere il talento, che per realizzare attività di ricerca per avere la possibilità di “scovare” talenti utili all’eccellenza sportiva (differenza tra discipline individuali e di squadra).
Oggi molte Federazioni Sportive (specialmente quelle che si dedicano alle discipline individuali) stanno impostando piani relativi alle procedure e alle strategie di ricerca e sostegno del talento, trascurando, a volte, il lavoro di base (bagaglio motorio ampio su cui costruire successivamente, per poi insegnare la tecnica esecutiva).
E’ molto importante attendere i “talenti tardivi” e quindi bisogna avere pazienza e buon senso.
Perché?
Perché sono aumentati i casi di abbandono (specie nelle discipline individuali), anche da parte di atleti ai quali era stata pronosticata una fulgida carriera.
Perché un giovane abbandona l’attività sportiva?
Perché
– è insoddisfatto del suo Istruttore;
– non si diverte più;
– non raggiunge i risultati sperati;
– non vince più;
– ad allenarsi si fa fatica;
– non ha più motivazioni.
Per fare in modo che l’abbandono diminuisca, bisogna recuperare anche un corretto concetto di agonismo, per evitare di creare dei falsi campioni in età giovanile.
Alla ricerca del campione
Non è abbassando l’età dei praticanti (con tesseramento conseguente) che si ottengono i risultati: questa è una grossa colpa delle F.S.N. che continuamente abbassa l’età.
Nel nostro Paese, in passato, ma anche oggi a volte, si va alla ricerca del talento subito (“caccia al campione”), indirizzata verso le fasce d’età sempre più precoci e condotta, a volte, da Istruttori ed Allenatori incapaci ed impreparati, che utilizzano metodologie di insegnamento e di allenamento non particolarmente avanzate dal punto di vista scientifico.
Le polemiche
Le polemiche anche accese sorte tra i pediatri che attribuivano all’agonismo precoce la responsabilità di possibili danni e i medici dello sport che negavano questa eventualità, si sono col tempo attenuate, anche in virtù di un migliore approccio scientifico-sperimentale alla problematica.
Oggi tutti gli studiosi, dal pediatra all’auxologo, dallo psicologo al medico dello sport, concordano non solo dell’innocuità, anche nei giovanissimi, di un’attività sportiva correttamente praticata e ottimamente condotta, ma anche su un suo effetto favorevole sullo sviluppo psico-fisico.
I tanti dubbi riguardanti l’apparato cardio-circolatorio sono stati fugati, dopo anni di esperienze, dalla contestazione che un’attività motoria e sportiva in un “cuore sano”, iniziata precocemente, non solo non produce danni, ma migliora addirittura la capacità di prestazione.
Perché ciò avvenga, è indispensabile che il giovane praticante sia seguito costantemente da Istruttori preparati e da un medico dello sport, che con la loro competenza dovranno verificare “in itinere” gli effetti prodotti dall’allenamento.
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Prof. Maurizio Mondoni
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