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La dominanza laterale

La dominanza laterale

Le seguenti riflessioni vogliono mettere in luce la valenza che, anche sul piano neuro-psicologico, hanno le attività motorie, ludiche e sportive, offerte ai bambini e ragazzi in età di sviluppo.

“Pensiero, emozione, movimento, sono entità strettamente legate ai processi cognitivi”.
Prof. Maurizio Mondoni
#iostoconibambini

Dalla pedagogia di Freinet a quella di Bruner, da Steiner a Le Boulch, dalla psicologia di Piaget a quella di Goleman, la letteratura al riguardo, ha ribadito ampiamente questo concetto.

E’ incontestabile che il corpo ha assunto nella cultura contemporanea una centralità indiscussa. “Leggere” il corpo attraverso la prestazione motoria e sportiva, significa collegare immediatamente le azioni al progetto motorio che il soggetto intenzionalmente programma ed esegue.

Al momento dell’addestramento, il corpo-oggetto è sottomesso alla “scheda d’allenamento” che definisce il modello da inscrivere nel corpo. L’Istruttore è il detentore del modello, è il legame tra la scheda d’istruzione e il suo custode. La validità della scheda è garantita dal carattere scientifico degli studi che sono stati utili alla sua composizione.

A scuola le ore dedicate alle attività ludiche e motorie, non hanno lo sviluppo auspicato e questa tendenza preoccupa molto gli Educatori, in quanto bloccare il piano motorio-affettivo del bambino, significa instaurare una limitata relazione educativa.

A tale scopo, ci permettiamo di presentare alcune recenti scoperte della neuroscienza, allo scopo di valorizzare forme e percorsi d’apprendimento più vicini alla linea naturale di sviluppo della conoscenza, perché è il corpo a comunicare apprendimento.

Mondoni basket Estonia

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La neuropsicologia e la lateralità cerebrale

La neuropsicologia è una branca delle neuroscienze cognitive a carattere pluridisciplinare e trae i principali metodi e concetti dalla psicologia cognitiva e della neurofisiologia.

Lo studio del funzionamento del cervello e dei due suoi emisferi, ha permesso di capire e valorizzare gli stili e le competenze molto diversificate fra gli esseri umani.

Il frenologo Franz Josef Gall ha postulato l’esistenza di legami funzionali e localizzati, tra le attività mentali e la struttura cerebrale e da questa teoria si è passati all’attuale approccio neuropsicologico.

L’approccio neuropsicologico è pluridisciplinare, in quanto utilizza i concetti e i metodi della psicologia cognitiva e della nurofisiologia.

La psicologia cognitiva studia il funzionamento dei comportamenti umani, della memoria e della conoscenza, anche in riferimento ai processi cognitivi.

La neurofisiologia si occupa del funzionamento del sistema nervoso e in particolare del cervello.

A livello educativo-metodologico, possiamo mettere a frutto i risultati di tali scoperte, per valorizzare la peculiarità d’ogni persona e per offrire opportunità compensative.

Le neuroscienze stanno dimostrando il dominio della linea affettiva nella costruzione delle competenze e l’influenza che il cervello ha in ogni istanza neurologica.

Per esempio, si è scoperto che l’emisfero sinistro del cervello, un tempo creduto l’unico regolatore delle funzioni motorie, non può interpretare da solo tutta la raffinata orchestrazione di un movimento. Sarebbe, quindi, l’emotività, dominante nell’emisfero destro, a guidare ed organizzare il pensiero, in un rapporto di scambio con il pensiero stesso (D. Goleman). Questa distribuzione di competenze sugli emisferi del cervello è detta lateralità.

Il termine indica l’esistenza di attività prevalenti in un singolo emisfero cerebrale, attività che possono dominare più in un lato della mente che nell’altro.

Gli studi sulla lateralità, hanno chiarito come avvengano alcuni processi di rappresentazione e di come collaborino tra di loro i due emisferi dell’encefalo.

La lateralità del cervello è una facoltà che si esprime in modo diverso a seconda delle culture, delle condizioni di vita, della razza e del sesso.


La neuroplasticità

La denominazione di neuroplasticità, indica i complessi meccanismi di attivazione reciproca tra neuroni (cellule del sistema nervoso).

Gli effetti di queste associazioni di neuroni, sono le nostre percezioni, i ricordi, le decisioni, le azioni, le abitudini, i programmi, i sentimenti e le nostre emozioni. Come gli esseri umani, il neurone intrattiene numerosi contatti (sinapsi), che possono essere paragonate alle amicizie tra le persone, che si rafforzano se sono confermati da un’assidua frequentazione e si affievoliscono se sono trascurati.

Anche i meccanismi di crescita delle cellule e delle loro interconnessioni, sono molto sensibili ai feed-back positivi e negativi che le cellule si scambiano, in risposta agli stimoli provenienti dall’ambiente.

Alla base di tutti questi complessi meccanismi, c’è la struttura molecolare del neurone. I neuroni sintetizzano e rilasciano le proteine che determinano le connessioni e la crescita del tessuto nervoso.

Sono proteine anche le macromolecole che fanno entrare ed uscire dalla cellula gli atomi elettricamente carichi, che ne determinano le variazioni di potenziale e le conseguenti scariche elettriche.

Se i due emisferi cerebrali comunicano tra loro, grazie al corpo calloso (lamina di sostanza bianca e fibrosa che unisce i due emisferi cerebrali), bisogna conoscere che nel “cuore” stesso di ogni emisfero, alcuni fasci di fibre nervose, dette “intraemisferiche”, collegano tra di loro, le diverse aree corticali, permettendo così il trasferimento di informazioni da una zona all’altra: da un’area primitiva ad un’area associativa, da un’area associativa ad un’area sensorio percettiva ad un’area motoria.

Per di più, la corteccia stessa è in relazione con le altre strutture cerebrali e in particolare con i nuclei grigi centrali. Per questo, bisogna concepire il cervello essenzialmente come un organo di elaborazione delle informazioni, le cui diverse componenti dialogano incessantemente tra di loro, scambiandosi messaggi nervosi di natura elettrochimica.

E’ grazie a questi incessanti scambi di informazioni, che l’individuo prende coscienza del mondo che lo circonda, confronta le informazioni raccolte con le sue conoscenze anteriori immagazzinate nella memoria, fa osservazioni o ipotesi sullo stato del mondo e sui suoi eventuali cambiamenti e adatta la sua condotta di conseguenza.

MONDONI esercizi minibasket

MONDONI esercizi minibasket


Lo spazio, l’azione e i genitori

I ragazzi arrivano nelle Società Sportive quando hanno già incamerato molte strategie per organizzare i pensieri.

Le loro modalità di ragionamento sono legate ai pre-requisiti spazio-temporali e causali e tali apprendimenti s’instaurano prevalentemente in vissuti di azione.

La persona costituisce i concetti sul piano simbolico, attraverso le prime relazioni con lo spazio e le sensazioni che questo gli rimanda e sin dall’infanzia le evocazioni arrivano attraverso la dimensione corporea.

Il “vissuto” dei primi anni di vita, è collegato fortemente alla presenza-assenza dei familiari (oggetti affettivi) vicino al corpo.

Nel “maternage”, l’ambiente è incarnato e rappresentato dal bambino attraverso la relazione con la mamma; un ambiente rassicurante è percepito dal bambino attraverso le modalità che si verificano durante l’accudimento da parte della mamma.

La globalità dell’esperienza psicomotoria durante le prime tappe dello sviluppo (il cullare e il farsi cullare, il dondolare e il farsi dondolare, il tono della voce della mamma, consentono di rilassare la tensione del bambino e di calmarlo), esprime l’inseparabilità tra il movimento, il pensiero e la vita affettiva, per i quali l’unico luogo possibile, è il corpo del bambino stesso (“corpo proprio”).

Ciò sta a significare che se nel “maternage” è prevalsa una relazione di tipo sostitutivo, lo spazio è percepito in modo costrittivo e appare incombente, quando non è stata costruita una buona base di sicurezza.

Il corpo, attraverso le percezioni, comunica continuamente alla mente.

Attraverso la continua rielaborazione di queste informazioni e con il passare del tempo, i giovani arrivano all’aggiustamento delle conoscenze verso il sapere astratto, ma il disagio emotivo è il peggiore nemico della rielaborazione.


Lo stress colpisce i giovani

Le diverse situazioni della vita quotidiana non si presentano mai uguali, ma l’individuo impara fin da piccolo a risolverle attraverso una prima valutazione intuitiva e reagisce a loro con una tensione soprattutto emotiva.

Se le giornate passano con un ritmo tranquillo, scandite da abitudini ripetitive, l’individuo impara ad affrontare serenamente tutte le situazioni.

Purtroppo questi ambienti di crescita sono sempre più rari e i giovani d’oggi sono sottoposti continuamente a “routine” di vita stressanti e di conseguenza, il disagio psicologico diventa un male comune per i nostri ragazzi.

L’attività motoria non solo può servire per il rilassamento e il riequilibrio psicologico, ma può svolgere anche un benefico “imprinting” di tipo educativo e formativo.

Le persone sottoposte continuamente a stress, inducono l’organismo a commutarsi su una modalità iper-reattiva ed è per questa ragione che oggi vi sono tanti ragazzi che cadono facilmente in stati di collera o di panico.

Il sistema d’allarme del loro organismo, in questi casi, subisce un cortocircuito e ciò li porta a reagire in modo esagerato.

Succede così:

  • il sistema percettivo ha comunicato all’amigdala, attraverso il sistema limbico, stati d’emergenza emotiva;
  • ciò ha fatto liberare una cascata d’ormoni potenti (tra cui il CRF e il cortisolo), che hanno innescato il panico nel cervello;
  • questi ormoni, seppure secreti velocemente, sono rimasti nell’organismo per ore prima della loro eliminazione; successivamente altri turbamenti hanno elevato il livello degli ormoni in modo additivo e ciò ha provocato un aumento della frequenza cardiaca e del flusso ematico;
  • l’amigdala (simile ad una mandorla, è parte del palencefalo, è collocata accanto all’ippocampo e controlla l’ansia e la paura) è, in questo modo, diventata un elemento molto sensibile e pronto a sequestrare la memoria di lavoro, in funzione di uno stato d’allarme generale;
  • lentamente l’organismo si adatta allo “stato d’emergenza”;
  • ritorno allo stato di quiete.

Se è vero che dobbiamo imparare a rispettare i tempi dei bambini e dei ragazzi, è anche vero che possiamo aiutarli a non incappare in questi guai (ansie, paure, stress), proponendo loro esercizi o giochi divertenti e attraverso l’utilizzo di specifiche metodologie, possiamo riuscire ad insegnare loro l’atteggiamento giusto per vincere paure e preoccupazioni.


Imparare ad osare

Nelle attività motorie e nel gioco, si possono prospettare alcuni piccoli rischi, quali momenti d’incertezza, situazioni di precarietà.

Tutto ciò aiuta a “crescere”.

Il giovane, in questi casi, impara a tollerare e a controllare l’ansia e la paura e conosce come deve comportarsi in queste situazioni.

Tutto ciò implica una crescita di personalità e quindi, determina un cambiamento.

Un cambiamento che mette in condizione il giovane d’essere capace di affrontare le incertezze e le ansie in modo fiducioso.

Il giovane ottimista e orientato all’azione, impara a reagire alle difficoltà, pensando quasi subito al sistema per dirimerle.

Attraverso il movimento e il gioco, si offrono ai giovani opportunità per imparare a controllare i centri emotivi del cervello (il sistema limbico e l’amigdala) e in questo modo, acquisiranno strategie per mantenere in funzione i centri esecutivi del cervello (i lobi pre-frontali), anche quando sopraggiungono l’ansia e la paura.

Tutto ciò non è solo un’abitudine comportamentale, diventa anche organica.

Il sistema nervoso si modella e si organizza rispondendo agli stimoli ambientali, quindi assume grande importanza le strategie per insegnare correttamente ai bambini l’educazione motoria e il gioco.


La neuro-motricità

Dopo aver riconosciuto la necessità di mettere in moto le energie motorie, è necessario capire in quale modo iniziare.

Se desideriamo far agire la persona partendo dalle sue sensazioni emotive, dobbiamo attivare le dominanze dell’emisfero cerebrale destro, in quanto sappiamo che gran parte delle potenzialità del cervello è utilizzabile da quest’emisfero, grazie alla sua maggiore facilità di reazione


Com’è strutturato il cervello

Il cervello ha subito molte evoluzioni dal primo ominide all’uomo contemporaneo. Alle parti più antiche (amigdala, sistema limbico), che si trovano nella parte più interna e nascosta del cervello, si sono aggiunti e sovrapposti via via diversi strati, fino ad arrivare alla corteccia cerebrale (cortex), che è la parte più nuova che distingue l’uomo dagli animali.

Potremmo paragonare il cervello dell’uomo d’oggi ad una cipolla dove, togliendo i vari strati, arriviamo alla parte cerebrale da cui sarebbe partito lo sviluppo cognitivo del genere umano.

Questo sistema cerebrale, così complesso, è strutturato come un insieme di scatole cinesi interconnesse, che possono essere più o meno sviluppate, sia per dote genetica, che per esercizio ed apprendimento, nei diversi individui.

i 2 emisferi

i 2 emisferi


Perché due emisferi?

La caratteristica del cervello umano è la suddivisione della corteccia cerebrale in due emisferi tra loro uniti da un corpo calloso.

L’emisfero destro è collegato alla parte sinistra del corpo e l’emisfero sinistro è collegato alla parte destra del corpo.

Lavori recenti hanno affermato che i due emisferi non sono anatomicamente identici ed ogni emisfero ha una sua propensione funzionale.

Le ricerche condotte con sofisticate attrezzature computerizzate, hanno rilevato che la parte sinistra del cervello è più abile nella capacità di sviluppare operazioni logiche, linguaggio (strategie di tipo intellettivo: aritmetica, scacchi), mentre la parte destra controlla le emozioni, le capacità artistiche (musica, ballo, pittura) e la percezione spaziale (strategie di tipo creativo.

Il cervello ha una struttura simmetrica, con entrambi gli emisferi dotati d’aree motorie e sensoriali in collaborazione, ma alcune funzioni intellettive sono limitate ad un solo emisfero (es. linguaggio).

Ogni emisfero possiede differenti funzioni:

Emisfero sinistro

  • razionalità
  • maturità
  • passionalità
  • memoria numerica
  • conoscenza delle regole
  • logica (metodo induttivo, deduttivo, analisi logica, grammatica)
  • pensiero lineare (una frase per volta)
  • ricerca logica di una soluzione con deduzione finale
  • formalizzazione del linguaggio
  • creatività
  • capacità artistica
  • capacità visiva
  • percezione di un ritmo di una canzone
  • intuizione
  • idee
  • immaginazione
  • visualizzazione generale di un programma
  • capacità spaziali


Emisfero destro

  • irrazionalità
  • serietà
  • fantasia
  • memoria per immagini
  • matematica
  • capacità verbali
  • fatti logici
  • deduzioni
  • analisi
  • senso pratico
  • ordine
  • percezione delle parole di una canzone
  • percezione di piccoli dettagli
  • forme
  • ritmo
  • intuizione
  • sintesi
  • originalità
  • osservazioni strane
  • humor
  • pensiero sintetico
  • empatia

L’emisfero destro è responsabile della riduzione dei riferimenti spazio-temporali, della prevalenza delle funzioni rappresentativo-emotive e dell’attenzione non specifica. Grazie a questo emisfero, riusciamo a ricostruire la realtà da una piccola parte di lei, cogliendo nella loro totalità, contesti, strutture e configurazioni complesse. In quest’emisfero il linguaggio è poco sviluppato e la comunicazione avviene per simbolismi e analogie. E’ l’emisfero delle immagini, della musica e della geometria, da cui partono le grandi intuizioni della nostra vita.

L’emisfero sinistro è deputato all’attenzione critica e analitica e contiene la parte logica, razionale e controllata della nostra mente, è la sede delle rappresentazioni semantiche, fonetiche e sintattiche del linguaggio.

Se l’emisfero sinistro associa l’informazione sulla base di memorie precedenti, l’emisfero destro percepisce il senso del contenuto, la sua originalità e passa in memoria le nuove informazioni, integrandole con le memorie precedenti. Per esempio, se abbiamo gli occhi bendati e percepiamo uno stimolo uditivo, attiviamo per gran parte le zone cerebrali dell’emisfero sinistro (stiamo cercando di recuperare in memoria quale sia l’origine del suono); invece quando ascoltiamo una musica, facciamo lavorare l’emisfero destro.


Maschile e femminile

Studi recenti hanno dimostrato che, anche se nel maschio si contano 4 milioni di cellule cerebrali in più, le femmine ottengono nei test di intelligenza generale, risultati del 3% superiori ai maschi.

Nella maggioranza dei maschi si evidenzia un’area specifica per l’orientamento, per cui questa è una competenza che per loro risulta più facile e sfruttano questa abilità quando pianificano (senso dell’orientamento maggiore che nelle femmine).

Nelle femmine prevale normalmente la zona cerebrale correlata al linguaggio creativo.

Cervello destro e cervello sinistro iniziano ad affinare le loro dominanze, in genere, nell’età dello sviluppo. All’inizio le abilità dei maschi e delle femmine sono molto differenziate.

L’emisfero destro e quello sinistro si sviluppano sulla base di “preferenze cerebrali”, che a loro volta sono la risposta dell’individuo alle stimolazioni offerte dall’ambiente familiare e culturale.

Forse le competenze spaziali sono superiori nei maschi per motivi di ordine filogenetico, legati alla loro evoluzione, partite da competenze di cacciatori. Agli uomini d’oggi non è richiesto (come agli uomini primitivi) di cacciare per sopravvivere, ma possono utilizzare tali competenze per giocare a calcio, golf, tiro con l’arco, lancio del peso, disco, giavellotto, martello, basket, rugby e a tutte quelle attività sportive per le quali è richiesto di stimare delle coordinate e “tirare o lanciare” per raggiungere un obiettivo. Tuttavia nelle femmine esiste una zona specifica dell’emisfero destro, utile per queste attività sportive e se questa zona viene allenata, sicuramente si potrebbero ottenere risultati soddisfacenti.

Le abilità spaziali permettono, comunque, ai maschi di girare mentalmente una mappa, sapendo dove stanno dirigendosi e sapendo anche come tornare al punto di partenza.

Gli studi fatti ci confermano che il cervello maschile calcola la distanza e la velocità per conoscere quando devono cambiare direzione. Inoltre è stato dimostrato che i maschi ottengono risultati migliori con l’occhio sinistro bendato, in modo che solo l’occhio destro possa ricevere le informazioni, per trasmetterle direttamente all’emisfero sinistro, nel quale sono elaborati i dati spaziali.

Nei maschi l’emisfero destro si sviluppa ad una velocità superiore di quello sinistro, per cui mentre l’emisfero destro sviluppa un maggior numero di connessioni, il sinistro ne sviluppa poche.

Nelle femmine i due emisferi si sviluppano ad un ritmo uguale e per questo le bambine sono in grado di realizzare un “ventaglio” di attività molto più ricco dei maschi. La quantità di interconnessioni create nei due emisferi, è conseguente alla dimensione del corpo calloso, particolarmente esteso nelle femmine. Questo è anche il motivo per cui si incontrano più femmine ambidestre che maschi e più bambine che non sanno distinguere la destra dalla sinistra e viceversa.

E’ il testosterone a frenare la crescita dell’emisfero sinistro nei maschi, però permette di sviluppare maggiormente la zona dell’emisfero destro, in cui è localizzata l’abilità spaziale.

Non è corretto fare un distinguo netto tra gli esercizi da presentare ai maschi e quelli da presentare alle femmine, in quanto gli esercizi ben programmati servono sia ai maschi che alle femmine.

In occasione dell’apprendimento di un gesto tecnico, il modello deve essere perfettamente definito nella sua forma. Si pone solo il problema del modo di comunicazione del modello, affinché il soggetto possa averne una rappresentazione mentale fedele, che gli permetta di condurre lui stesso il suo apprendimento.


L’organizzazione temporale e la percezione del ritmo

Chi ha esperienza di Educazione Motoria nella Scuola Elementare, sa che infondere il senso del ritmo agli alunni è una impresa ardua: occorre pazienza.

Infondere nei maschi il senso del rimo  è una grossa impresa, poiché la rappresentazione al femminile è soprattutto olistica, di insieme.

Il suono scandito abitua le femmine a controllare e a dimensionare la velocità del movimento, mentre nei maschi la musica sviluppa la sensibilità per le espressività contenute nelle coreografie.

Nelle gambe delle donne vi è un numero minore di fasci muscolari bianchi, per cui poco reattivi allo scatto per impulso, questo è uno dei motivi per cui la maggioranza delle ragazze non eccelle in discipline sportive che richiedono questo tipo di reazione istantanea.


La vista e la motricità

L’occhio è una estensione diretta del cervello, in quanto perveniamo alla visione, grazie al significato che il cervello assegna alla percezioni raccolte dai fotorecettori., che sono contenuti nella retina, situata nella parte posteriore dell’occhio.

Tra i fotorecettori ricordiamo i bastoncelli, che discriminano tra bianco e nero e i coni che ci permettono di riconoscere gli altri colori.

E’ il cromosoma X a portare i coni, le donne hanno due cromosomi X ed è per questo che possiedono una varietà maggiore di cellule coniche.

Gli uomini generalmente descrivono il colore in termini generali, le donne descrivono in modo dettagliato i colori degli oggetti.

L’occhio dell’uomo, rispetto ai primati, è la quantità di superficie bianca e questo permette un movimento oculare più ampio e direzionabile ed una comunicazione faccia a faccia agevolata.

Gli occhi della donna hanno una superficie bianca superiore a quella dei maschi e quindi inviano e ricevono un numero maggiore di segnali maggiore nella comunicazione interpersonale. Per questo le donne hanno una visione periferica superiore a quella dei maschi e l’origine di tale abilità sarebbe dovuta alla funzione femminile primordiale di protezione del nucleo familiare. La struttura cerebrale femminile permette di usufruire di una visione chiara di almeno il 45% superiore a quella maschile, per ogni lato di orientamento: alto, basso, destra, sinistra e tutto ciò porta le donne a poter sfruttare una visione periferica di circa 180°.

Attraverso la vista arriva nelle donne una quantità immensa di informazioni che il cervello deve analizzare.

Le femmine hanno una percezione visiva generalmente più ampia e meno profonda rispetto ai maschi, possono vedere nel buio meglio del maschio, riescono a percepire meglio dei maschi, segnali di disagio e di sofferenza, di espressione e di comportamento. I maschi hanno occhi più grandi rispetto alle femmine ed una configurazione della vista cilindrica, adatta alle lunghe distanze. Il maschio può visualizzare chiaramente e con precisione tutto quanto sta di fronte a lui.

Il suo primordiale senso della caccia lo ha predisposto a vedere e seguire animali da lontano. Il fatto di non possedere una larga visione periferica, gli ha permesso di imparare a concentrarsi su di un singolo obiettivo. Nella parte anteriore dell’emisfero del cervello maschile, è presente una competenza che permette di separare, orientare e identificare il movimento (lontananza-velocità) di altri oggetti a distanza , anche con scarsa luminosità.

Queste particolarità permettono ai maschi una migliore valutazione spaziale dei movimenti di gruppo, caratteristici di alcune discipline sportive.

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Prof. Maurizio Mondoni
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