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Come organizzare una Società Sportiva

Come organizzare una Società Sportiva

Come organizzare in una Società Sportiva un settore giovanile, dal punto di vista manageriale e tecnico

Premessa
Nello sport italiano il ruolo del volontariato ha da sempre assunto una particolare e vitale importanza.

Dagli anni ’90, il volontariato sportivo si è trovato a dovere affrontare sempre maggiori difficoltà, che ne hanno innalzato le responsabilità, spostando particolarmente la sua attenzione verso gli adempimenti burocratici e fiscali, indispensabili per la vita di una società sportiva.

Tutto ciò ha portato inevitabilmente a diminuire l’attenzione e il tempo da investire sugli aspetti veramente elettivi dell’attività sportiva, quali:
– la partecipazione;
– la motivazione e la formazione dei Dirigenti;
– la motivazione e la formazione degli Atleti;
– la motivazione e la formazione dei Tecnici;
– la diffusione dei valori e della cultura dello sport;
– l’organizzazione societaria (organigramma dirigenziale, tecnici, atleti);
– l’organizzazione delle attività (prima squadra, attività del settore giovanile e giovanissimi).

Il successo di una Società Sportiva poggia, non solo sulla quantità di risorse finanziarie, ma soprattutto sulla qualità delle risorse umane.

Negli ultimi anni Società Sportive molto ricche hanno fallito i loro obiettivi, mentre altre, che hanno potuto fare leva su un gruppo di persone più motivato (Team Building) e in grado di coordinarsi, hanno avuto più successo.

Attività sportiva a livello giovanile
In questi ultimi anni si è parlato molto di sport, ma quasi mai di organizzazione dell’attività sportiva, specialmente a livello giovanile.
L’attuale richiesta di attività sportiva ha condotto ad una differenziazione del prodotto sport.

Con il passare del tempo, ci si è accorti che la “domanda di sport” per i giovani, è sempre più ampia e diversa, mentre la capacità di risposta, non sempre riesce a soddisfare tutti e c’è sempre il rischio di lasciare “per strada” tanti giovani.

Non possiamo continuamente dire “ai miei tempi………”, i tempi sono cambiati, lo sport anche, sono aumentati gli interessi e le motivazioni dei giovani, bisogna cambiare!

La stessa natura “pratica” dell’attività sportiva, ci porta a mettere sempre in primo piano l’operatività, l’organizzazione, il “fare”, il “produrre”, dimenticando che l’anima dell’azione educativa è sempre l’intenzione.

Il motivo ispiratore di ogni azione sportiva deve essere il modello di Società Sportiva che ci si propone di organizzare e che tipo di settore giovanile si intende creare.

Purtroppo, molte volte preferiamo accontentarci di organizzare un’attività sportiva ripetitiva o appiattirci su comune detto “diamo ai giovani quello che più piace a loro”, stroncando sul nascere ogni tentativo di rinnovamento o di creatività.

Il settore giovanile di una Società Sportiva spesso a che cosa serve?

Serve per reperire i fondi dalle quote che pagano i partecipanti ai corsi e i giocatori, per “foraggiare” la prima squadra, per ingaggiare giocatori bravi, per essere promossi di categoria.

Ma tutto ciò serve a poco, io credo ancora nei “galli ruspanti” fatti in casa, bisogna reinvestire sui settori giovanili (tempo, denaro, persone), perché sono il futuro dello sport.

Bisogna “distribuire” cultura motoria e sportiva a scuola, in famiglia, nelle Società sportive (Agenzie educative) e gli Insegnanti, i genitori e i Tecnici devono contribuire a questo lodevole progetto che deve far ritornare il bambino, il ragazzo, l’adolescente, il soggetto dello sport e non più l’oggetto di genitori, Dirigenti, Insegnanti, Istruttori e Tecnici.


LEADERSHIP

La società moderna pretende che nel campo sportivo allenatori, dirigenti e arbitri siano sempre dei leader e al top.

I Dirigenti di una Società Sportiva, specialmente a livello giovanile, devono possedere leadership. Il settore giovanile di una Società Sportiva deve essere il fiore all’occhiello e i Dirigenti devono essere dinamici, intraprendenti, volitivi e all’altezza di tale compito.

IL DIRIGENTE
Dal Dizionario Zanichelli si evince che il Dirigente è “colui che ha compiti, incarichi, responsabilità di guida o di organizzazione nell’ambito di una determinata organizzazione”.

Dirigere significa: “volgere, avviare verso un punto determinato, coordinare le idee e i consigli per il raggiungimento di un fine comune, guidare, dare direttive, influenzare”.

“Il Dirigente è colui che dirige, che fornisce delle direttive, che incanala le risorse altrui, che motiva, che entusiasma, che incoraggia, che stimola”.
Il successo di una Società Sportiva non poggia solo sulle risorse finanziarie, ma sulla qualità delle persone (risorse umane) che la compongono. Per valorizzare al massimo le risorse disponibili e per mobilitarle, il Dirigente deve promuovere nel lavoro di gruppo una buona organizzazione e un adeguato livello di comunicazione che sia funzionale agli obiettivi.

Esistono tre tipi di Dirigente:
– autoritario;
– permissivo;
– autorevole e democratico.

Il Dirigente autoritario stabilisce le direttive generali e particolari, determina la formazione dei ruppi di gestione secondo un proprio criterio, ha idee molto precise e dettagliate sugli obiettivi da raggiungere e su come raggiungerli e in genere tali obiettivi sono centrati quasi esclusivamente su risultati di tipo agonistico.

Il suo modo di porsi è orientato al comando quasi assoluto, non considerando che a volte una linea di cooperazione con i propri collaboratori, porterebbe ad eguali risultati ed ottimizzerebbe le prestazioni di ognuno. La focalizzazione delle energie verso l’ottenimento di risultati prestigiosi, lascia poco spazio al divertimento e alla libera espressione individuale, i riconoscimenti e gli apprezzamenti sono dispensati a suo insindacabile giudizio e i rapporti con i collaboratori sono impostati sul mantenimento di una certa distanza psicologica.

Un’impostazione autoritaria della conduzione societaria, può dare talvolta buoni risultati in situazioni di emergenza, ma difficilmente può essere protratta a lungo nel tempo.

L’aspetto più evidente che scaturisce da questo tipo di conduzione è quello dell’abbassamento del livello motivazionale di coloro che operano all’interno della Società e l’insorgere di situazioni conflittuali.

Il Dirigente permissivo ha uno stile opposto a quello autoritario, subisce le scelte dell’ambiente, tende a non prendere delle decisioni, lascia che ognuno faccia ciò che ritiene più opportuno nella più assoluta libertà, non interviene per cercare di migliorare la situazione, si limita a fornire suggerimenti quando sono richiesti, cerca di instaurare rapporti privilegiati con le persone più importanti della Società. Questa tipologia di dirigente si verifica a volte nei momenti di transizione da un gruppo dirigenziale ad un altro.

Il Dirigente autorevole e democratico ha un rispetto attivo dell’autonomia dei membri della Società, li indirizza verso gli obiettivi prefissati, tenendo conto dei desideri e delle aspirazioni individuali.

L’atmosfera è connotata dalla fiducia reciproca nel rispetto dei diversi ruoli e dallo sforzo comune, teso al raggiungimento delle mete prefissate.

Il Dirigente autorevole e democratico utilizza la sua competenza, la sua capacità, le sue conoscenze e la sua esperienza per favorire l’evoluzione dei suoi collaboratori, cercando mezzi e metodi efficaci per farli migliorare (coinvolgimento nella stesura di programmi e progetti, coinvolgimento nel prendere decisioni importanti).

Questo tipo di conduzione è praticato da quei Dirigenti sportivi che ritengono prioritario l’investimento sul rapporto con le persone, rispetto alla prestazione e ai risultati agonistici.

Chi è il Dirigente sportivo?
Il Dirigenti sportivi si identificano spesso in due figure:
– istituzionale: Dirigente C.O.N.I. o di Federazione Sportiva
– sociale: Presidente di una Società Sportiva

Entrambe le figure si occupano di sport, fanno in modo che le persone possano praticare lo sport a diversi livelli, posseggono cultura sportiva, ma la devono “vivere” ed interpretare a misura della realtà e del contesto in cui si trovano.


Il ruolo del Dirigente sportivo

Il suo ruolo è quello di valorizzare in modo ottimale tutte le risorse che la Società riesce a concretizzare e ad organizzare tutti gli elementi che appartengono al suo patrimonio culturale.

Il lavoro del Dirigente è un grosso impegno e richiede una metodologia ottimale per iniziarlo e portarlo a termine nel migliore dei modi.

Le funzioni del lavoro di un Dirigente sono:
– stabilire gli obiettivi da raggiungere;
– organizzare;
– motivare;
– far progredire le persone;
– comunicare;
– misurare, analizzare e valutare.

A questo scopo, è necessario che il Dirigente sportivo:
– sia il più efficiente possibile;
– sia concentrato sui problemi organizzativi e decisionali;
– fissi delle priorità e che non si lasci distrarre da compiti che gli altri consiglieri devono risolvere;
– prenda delle decisioni, le rispetti e le porti avanti;
– programmi a breve, media e lunga scadenza;
– fissi degli obiettivi da raggiungere (tempistica, verifica, aggiustamenti, ridefinizione eventuale degli obiettivi).

Le “3 C“ del Dirigente sportivo
– capacità;
– competenze;
– conoscenze.

Le competenze del Dirigente devono essere in relazione a ciò che si prefigge la Società Sportiva:

– impianti a disposizione per gli allenam
– materiale umano a disposizione (squadre, atleti, tecnici);
– enti e le gare;
– numero di Dirigenti e collaboratori;
– programmazione ed obiettivi da perseguire;
– progetti da attuare e verifiche “in itinere”;
– eventuali revisioni e ridefinizioni degli obiettivi;
– verifica a fine anno del lavoro svolto;
– definizione del piano di lavoro per l’anno successivo.


DIRIGENTI SPORTIVI NUOVI PER SETTORI GIOVANILI NUOVI

Spesso la fortuna di una Società Sportiva è attribuita alla capacità del leader.

In effetti, vi sono Società che vivono ed ottengono grandi successi, dovuti all’attività infaticabile di uno solo o di pochissimi personaggi che preferiscono tali situazioni (lamentandosi poi della loro solitudine ed isolamento), piuttosto che cercare coinvolgimenti o divisioni del lavoro, attraverso la strategia della delega.

Le capacità di un leader non risultano dal possesso (come si pensa spesso) di un determinato carisma personale o dalla capacità di utilizzare in forma sistematica e persistente uno “stile di comando”.

La leadership si esprime soprattutto nell’effettiva capacità del dirigente sportivo di promuovere nel proprio gruppo di lavoro, comportamenti che risultino realmente funzionali al raggiungimento degli obiettivi condivisi dal gruppo stesso.

Le dinamiche organizzative variano in funzione dei bisogni da soddisfare, del tipo di cultura prevalente e delle capacità direzionali dei Dirigenti.

Occorre tenere presente che i cambiamenti nel sistema sociale degli ultimi decenni, hanno toccato profondamente le attività sportive e in particolare quelle giovanili, soprattutto:
– con la riduzione della spesa pubblica per lo sport;
– la diversificazione delle preferenze e delle forme di pratica sportiva;
– una commercializzazione dello sport;
– la crisi del Totocalcio e di conseguenza la crisi del C.O.N.I (anche se parzialmente risolta con la creazione di CONI Servizi);
– la necessità di essere in grado di rispondere meglio alle esigenze di un pubblico giovanile che è molto cambiato rispetto a 10-15 anni fa.

Non ci sono più tanti Dirigenti sportivi “come una volta” che dirigevano, fornivano idee, consigli, gonfiavano i palloni, effettuavano i tesseramenti, accompagnavano le squadre con le loro macchine, pagavano la pizza ai giocatori.

Molte Società Sportive spariscono da un anno all’altro, perché i genitori-dirigenti non hanno più i figli che giocano.

Una volta si “curavano” i vivai, sperando che qualche talento andasse a giocare in prima squadra o potesse essere “venduto” a Società di maggior prestigio (per una muta di maglie, palloni e attrezzatura sportiva).

Una volta si giocava a calcio, a pallacanestro, a pallavolo, si correva in bicicletta, si praticava l’atletica leggera, ora se la pratica di uno sport comporta fatica, lo si abbandona, si preferisce andare in palestra a socializzare, a fare i pesi con le macchine, spinning, aerobica o in pisciana a fare acquagym; oppure non fare nulla, giocare con la play-station o al computer.

Le grosse Società Sportive non s’interessano più dei vivai (la legge Bosman ha penalizzato l’attività giovanile sul territorio nazionale), acquistano squadre intere a livello giovanile da Società minori (anche se qualcosa sta cambiando, c’è un “come back”), a loro interessa solo la prima squadra, le squadre giovanili sono utili solo per soddisfare esigenze federali.

Se si “tolgono” i migliori giocatori e atleti dalle squadre degli Oratori o da Società minori, queste sono destinate in breve tempo a sparire.

Purtroppo le grandi Società mandano in giro i “talent scout” che visionano centinaia di bambini, per portarli nei club di prestigio; in questo modo spesso si creano i “falsi campioni”, che prima o poi ritornano a casa delusi.

Non ci sono più i talenti, ci sono bambini e giovani bravissimi che sono però dei robot, non abbiamo più giocatori pensanti e creativi, in grado di prendere delle decisioni giuste o sbagliate.

Nei settori giovanili di molte Società Sportive, bisogna considerare che da alcuni anni molti sono i bambini e i giovani extracomunitari che gareggiano e giocano; bisogna fare in modo che si integrino con gli altri e la Società deve fare in modo che tutto ciò avvenga nel minor tempo possibile e senza traumi.

Non ci sono più tante persone che “donano” il proprio tempo libero per l’organizzazione delle società sportive (specialmente a livello giovanile), hanno altri interessi e motivazioni.

Il Dirigente “leader” di un settore giovanile deve:
– essere efficace nei rapporti con le altre persone;
– possedere capacità manageriali;
– essere competente (conoscenza di come si deve gestire una Società Sportiva, budget a disposizione, obiettivi);
– saper comunicare;
– saper prendere delle decisioni;
– essere motivato;
– saper utilizzare i feedback con i suoi collaboratori;
– possedere maturità e competenze specifiche;
– essere coinvolgente e responsabile;
– sicurizzare i componenti del gruppo di lavoro;
– essere dinamico, leale, equilibrato, corretto, flessibile e simpatico

La leadership si apprende gradualmente, ma per guadagnarsi il rispetto e la considerazione dei propri collaboratori, si deve essere sinceri, occorre impegnarsi con costanza, bisogna essere coerenti, si deve creare un ambiente favorevole, sereno, agire a volte con il “polso fermo”, riconoscere che il successo, a volte, non è solo vincere una partita o un torneo, ma aver raggiunto l’obiettivo prefissato.

Organizzare una Società Sportiva e dirigere un settore giovanile
Organizzare una Società Sportiva e dirigere un settore giovanile di una Società Sportiva diventa un compito molto arduo, perché non ci sono Dirigenti, tecnici, atleti, disponibili a “lavorare”, a sacrificare il tempo libero per una nobile causa (educare) e a giocare per niente o per poco.

Quasi tutti, indistintamente, prima di iniziare a lavorare chiedono: “quanto guadagno?”.

Una volta c’era l’apprendistato, ora è il tempo dell’istantaneo: tutto e subito e con poca fatica.

Prima bisogna imparare a fare il Dirigente e poi si può chiedere; lo stesso discorso vale per i Tecnici, che quando sono in possesso di un tesserino, pensano di essere preparati e bravi, magari senza nessuna esperienza alle spalle.

Cosa significa organizzare?
Organizzare significa analizzare le attività e le risoluzioni che servono per raggiungere gli obiettivi prefissi. Il progetto deve essere sviluppato passo dopo passo e messo per iscritto, in modo che vi si possano riferire tutti quelli che devono essere collegati a quell’obiettivo.

Per organizzare un settore giovanile in una Società Sportiva, occorrono Dirigenti con grosse competenze specifiche:
– nella gestione delle risorse umane presenti in società;
– nella gestione fiscale e nella gestione dei rapporti con il territorio (marketing, reperimento delle risorse finanziarie, comunicazione, Enti locali, Scuola, altre Società Sportive, C.O.N.I., Enti di Promozione Sportiva);
– nella scelta degli Istruttori e dei Tecnici che opereranno in Società (nelle diverse discipline, campionati e con atleti di età diverse). L’ottimo sarebbe coinvolgere Insegnanti di E.F. o laureati in Scienze Motorie e dello Sport, concedendo loro di stilare un programma biennale o triennale di lavoro (invece di “cacciarli” se non raggiungono subito risultati prestigiosi).

Spesso i Dirigenti, nell’errato tentativo di assimilare l’attività della propria Società Sportiva a quella di un’azienda, vorrebbero emularne le strategie e i comportamenti, andando alla ricerca di competenze professionali elevate.

Ma non è sempre così.

Le migliori risorse di una Società Sportiva a livello giovanile, sono quelle che già si possiedono e che spesso si perdono a causa della lotta continua per la sopravvivenza quotidiana, nella quale ci si sente spesso sempre più soli e isolati.

L’utilizzazione delle risorse finanziarie e tecniche di una Società Sportiva deve:
– rispondere sicuramente alla legge della domanda e dell’offerta del territorio;
– deve innalzare le competenze degli Operatori Sportivi, in special modo per le Società Sportive che si avvalgono esclusivamente delle quote mensili o annuali che gli atleti pagano.

Per valorizzare al massimo le risorse umane, il Dirigente deve portare particolare attenzione e impegno nel promuovere:
– una buona organizzazione del gruppo;
– una comunicazione funzionale;
– un adeguato livello di motivazione.

ORGANIZZAZIONE DEL GRUPPO DI LAVORO
Un gruppo di persone si trasforma in un “gruppo di lavoro” solo ed esclusivamente quando chi lo compone, decide di perseguire insieme, collaborando, obiettivi comuni.

L’organizzazione è la struttura dinamica che il gruppo attribuisce a se stesso in un determinato momento, per raggiungere gli obiettivi prefissati in modo efficace e sicuro.

Organizzazione, in termini operativi, significa:
– stabilire le modalità di relazione tra i membri del gruppo (sistema di regole);
– assegnare ruoli e compiti all’interno del gruppo: presidente, vice presidente, segretario, consiglieri, tecnici, etc.;
– pianificare e programmare azioni comuni: corsi da organizzare, palestre, orari, comunicazioni, tornei, campionati, progetti, feste finali, premiazioni, etc.

Poiché le Società Sportive sono “organizzazioni sociali”, una migliore conoscenza di che cosa è un’organizzazione e di come funziona, costituisce un requisito importante per avere successo.

La capacità di esprimere “buone capacità organizzative” non deriva solo da semplici intenzioni di efficientismo e dalla buona volontà dei partecipanti, ma da concrete capacità di coniugare tali intenzioni con il contesto specifico nel quale si lavora e dal possesso di valide conoscenze in tale direzione. Un’organizzazione ha possibilità di successo quando la maggior parte dei soggetti che ne fanno parte, non solo condivide un fine comune, ma tra loro non ci sono eccessivi livelli di incompatibilità.

Per quanto riguarda le Società Sportive, esiste un’estrema varietà di assetti organizzativi:
– società a gestione familiare, con un ristretto numero di dirigenti (comunicazione diretta);
– società a gestione allargata, con un numero consistente di dirigenti (es. le Società Polisportive).

Il conseguimento di un soddisfacente livello organizzativo non è facile, anche perché le organizzazioni sportive basate sul volontariato, tendono ad accentuare i caratteri di conservatorismo e quindi, di resistenza al cambiamento.

Oggi tutto cambia velocemente, la diversificazione dell’offerta, la continua individuazione di nuove forme di soddisfazione dei bisogni sportivi, la grande competitività, la parziale crisi del mondo sportivo federale e la maggiore richiesta di personalizzazione e quindi, la crescita di commercializzazione dell’offerta, ne sono solo alcuni degli aspetti ampiamente discussi in molte occasioni.

In passato, i mutamenti erano meno rapidi e quindi, le organizzazioni restavano stabili, non cambiavano e ottenevano, comunque, buoni risultati.

La maggior parte delle organizzazioni sportive a livello giovanile, tende ad irrigidirsi negli aspetti formali, burocratici, fiscali, quasi per paura del cambiamento.

Ciò può apparire strano nell’ambito di Società Sportive volontarie, che in genere sembrano meno determinate da una rigida formalizzazione e divisione dei ruoli, ma le ricerche, a tale proposito, rivelano che anche questo tipo di organizzazioni risente della resistenza generalizzata al cambiamento.

Molti Dirigenti affermano: “sono anni che va bene così, quindi non si cambia”, non riuscendo a capire che i giovani d’oggi sono cambiati, lo stesso dicasi per i metodi di allenamento, i campionati, le gare, le manifestazioni sportive.

In questo modo si fa meno fatica, c’è una specie di “ricalco” del lavoro degli anni precedenti, non si registrano novità e tutto diventa “routine”.

Questo tipo di resistenza produce immobilità, non sviluppa la ricerca di alternative e di innovazioni di prodotto e di comunicazione e quindi, è tendenzialmente perdente.

Mantenendo questo atteggiamento, un gruppo si preoccupa più della sopravvivenza, che di rispondere alle richieste che provengono dagli utenti o dai committenti.

Un Dirigente di una Società Sportiva, specie se basata sul volontariato, dovrebbe evitare il ripiegamento del gruppo su se stesso, facilitando invece lo sviluppo di un atteggiamento più aperto nei confronti del cambiamento e dell’innovazione.

Tutto ciò può facilitare il coinvolgimento delle risorse del volontariato, lasciando un maggior sfogo alle iniziative individuali, alle diverse abilità personali, che in numerosi casi possono essere mortificate dalla routine e dalla tradizione.

Il Dirigente innovativo deve attribuire una certa attenzione alle alternative, a come fare meglio o in modo diverso rispetto a quello che già si fa, a prevedere e a determinare prima o meglio degli altri, le tendenze di cambiamento, i possibili problemi che compaiono nel contesto ambientale, le conseguenze dell’esito dei conflitti.

Tali nuovi scenari non dovrebbero restare dominio assoluto del presidente, ma diventare l’oggetto di analisi e di discussione collettiva del gruppo Dirigente.

E’ chiaro che lo sviluppo di nuove strategie, in numerosi casi, richiede la ridefinizione degli stessi valori e delle norme dei membri dell’organizzazione.

Data la complessità degli obiettivi e i continui cambiamenti dell’ambiente delle Società Sportive, è evidente che la flessibilità è più utile di una “mentalità rigida e autoritaria”, dal momento che, grazie alla flessibilità, la struttura organizzativa di una Società Sportiva moderna riesce a:
– fronteggiare i cambiamenti;
– cercare una risposta ai numerosi problemi che si presentano (conflitti con i tecnici, con gli atleti, con i genitori degli atleti);
– superare vincoli superabili, trasformando le difficoltà in opportunità, riuscendo ad adeguarsi ai cambiamenti, piuttosto che a subirli.

Una leadership orientata al raggiungimento degli obiettivi prefissati e non solo al mantenimento del potere, ha più probabilità di costruire attorno a sé un clima di consenso partecipato e costruttivo, che risulterà in futuro più vantaggioso ed utile alla Società Sportiva.

In una strategia di questo tipo, le decisioni e le scelte prese non sono frutto della “volontà assoluta del capo”, ma sono espressioni di tutto il gruppo dirigente.

In alcuni casi, la capacità del leader è di dare al gruppo la percezione che la scelta è stata compiuta insieme, anche se a volte è stata presa dal leader.

COMUNICAZIONE FUNZIONALE NEL GRUPPO
E’ proprio attraverso il sistema di comunicazione che il Dirigente sportivo (ma anche il segretario, il direttore tecnico o il capo allenatore), privilegia in modo più o meno consapevole, che si stabiliscano nel gruppo le reti relazionali.

Il modello di comunicazione unidirezionale e rigida, non sempre è efficace nei gruppi di lavoro delle Società Sportive.

Purtroppo questo è il modo che molto spesso è adottato e considerato come il più efficace, perché è il più veloce e capace di far risparmiare chiacchere, tempo e discussioni per andare subito ai fatti.

Questo è lo stile preferito dai Dirigenti che si lamentano della loro solitudine, pur avendo avuto molte occasioni potenziali di cooptazione di altri soggetti (atleti e genitori).

Per potenziare il gruppo e aumentarne la dimensione, dovrebbe essere privilegiato un sistema di comunicazione più orientato sul feedback, cioè su un flusso continuo e circolare di comunicazione, che non sia diretto alla sola funzione di trasmettere informazioni e messaggi, ma di conoscere ed elevare il grado di comprensione, di accettazione e di condivisione, che permetta attraverso le risposte del gruppo, di conoscerne i bisogni e di stimolarne lo scambio.

Colui che ha fondato la società mantiene fino al momento della successione, una sorta di potere nei confronti dei dirigenti.

Se la dirigenza di una Società Sportiva coincide con un piccolo gruppo, le comunicazioni saranno facilitate dalla possibilità di realizzare e gestire scambi interpersonali, come avviene in una famiglia e spesso alcuni dirigenti usano la metafora “siamo tutti una grande famiglia”.

In una Società che ha “obiettivi di performance”, occorre distinguere i momenti, per non creare confusione e poca chiarezza e per evitare che il gruppo di lavoro diventi un gruppo di amici, basato sull’affettività e sui rapporti emotivi.

Quando si opera all’interno di una Società Sportiva di grosse dimensioni, i rischi descritti in precedenza si stemperano.

Il Dirigente deve promuovere un flusso di comunicazione basato sulla chiarezza dei messaggi, sulla stabilità dei canali di informazione, sulla verifica e il continuo monitoraggio delle risposte, sulla qualità delle interazioni e delle assunzioni di responsabilità avvenute a seguito dello stesso processo di comunicazione.

Comunicare significa molto di più che scambiare opinioni con una certa frequenza, significa partecipare in modo attivo al sistema di relazioni (compiti, obiettivi, decisioni) specifiche del gruppo.

Il tipo e la qualità delle comunicazioni sono, in un gruppo di lavoro, lo specchio fedele della struttura organizzativa dello stesso.

La comunicazione può essere:
– verbale
– vocale
– non verbale


COMUNICARE E’ FARSI CAPIRE

Il Dirigente deve non solo avere competenze comunicative, ma deve soprattutto essere attento e in grado di analizzare, valutare e promuovere una comunicazione continua e reale, non solo fra sé e i membri del gruppo, ma soprattutto tra le diverse componenti del gruppo di lavoro, in rapporto alle funzioni, evitando di essere l’unico punto di riferimento di qualsiasi interlocutore, accentrando tutti i tipi di informazione o processo decisionale.

In una Società Sportiva moderna e all’avanguardia, i Dirigenti devono programmare riunioni frequenti, incontri programmati, circolazione, anche scritta, delle informazioni.

Tutto ciò non è una perdita di tempo, ma è un mezzo importante per analizzare e sintetizzare la vita stessa della Società Sportiva, sviluppare e rafforzare il senso di appartenenza e di identità, dare un significato reale all’associazionismo sportivo.

E’ singolare che questi aspetti tipici di comunicazione siano additati da esempio, anche fuori dal mondo dello sport.


MOTIVAZIONE DEL GRUPPO

Un gruppo formato da persone che lavora individualmente, cercando di soddisfare solo le motivazioni personali, indipendentemente dagli obiettivi societari, non può certamente definirsi una Società.

Il primo collante che caratterizza un buon gruppo di dirigenti, è quello costituito dal “senso di appartenenza”; non solo gli atleti ma anche i Dirigenti, i collaboratori e i tecnici devono sentire il piacere e l’orgoglio di far parte di una Società Sportiva.

Molte delle strategie di gestione del volontariato, specialmente a livello giovanile (su cui è difficile far convergere risorse importanti di carattere economico), si basano sullo sviluppo di tale appartenenza.

Quanto più la Società Sportiva ha una visibilità e un’immagine positiva, sia al proprio interno sia all’esterno, tanto più cresce il sentimento e il bisogno di appartenenza e tanto più forte diventa il legame affiliativo.

Per migliorare il livello di motivazione alla partecipazione ad un gruppo di volontari, il Dirigente non può fare leva sulla vocazione al sacrificio o sul senso del dovere, ma deve valorizzare il ruolo di ognuno, assegnare compiti, funzioni e ruoli.

Il Dirigente deve promuovere l’espressione, valorizzando l’apporto di ognuno al disegno collettivo, incentivando simbolicamente o con altri mezzi, i comportamenti basati sull’impegno, sulla responsabilità, sulla produttività e sull’autonomia.

A volte, alcuni Dirigenti non si occupano di informare gli altri delle attività compiute e dei successi ottenuti.

Ciò non è vantaggioso, in quanto tutti devono essere messi al corrente di tutto quanto accade in Società.

Le verifiche collegiali periodiche delle iniziative promosse e delle attività svolte, oltre che essere uno strumento importante nella programmazione e nel monitoraggio, diventa uno strumento motivazionale che rinforza i comportamenti di cooperazione.

Un altro punto importante in una Società sportiva è il coinvolgimento di tutti nei processi decisionali.

Anche se a volte la decisione è presa da un solo Dirigente, è indispensabile che attorno alla decisione si sviluppi un “clima di consenso”.

Quando un Dirigente suggerisce soluzioni, le discute insieme al gruppo di lavoro, ascolta i pareri di tutti, non indebolisce il proprio ruolo, ma rafforza il clima di cooperazione all’interno della Società stessa.

Un Dirigente può operare meglio se conosce chiaramente le aspettative dei singoli e del gruppo e promuove autorevolmente le decisioni.

Il tratto caratteristico della nostra epoca è la ricerca di obiettivi chiari con mezzi perfetti.

La Società Sportiva
La sede della Società Sportiva deve essere accogliente ed ampia (scrivania del presidente, del segretario, telefono, fax, computer, sito Internet, etc.) e una confortevole sala riunioni (lavagna, lavagna luminosa, power point, sedie, etc.).

La Società Sportiva deve:
– avere un nome;
– avere colori sociali;
– un simbolo;
– essere affiliata ad una o più Federazioni (se Polisportiva) o ad uno o più Enti di Promozione Sportiva (se Polisportiva);
– aderire al C.O.N.I (se Centro di Avviamento allo Sport);
– mettere a disposizione dei tecnici e degli atleti indumenti di gioco e di allenamento adeguati, borse, etc. (sponsor tecnico);
– la “prima squadra” può avere uno o più sponsor;
– le squadre del settore giovanile possono avere sponsor differenti;
– avere una dotazione di pins, gagliardetti e adesivi (scambio con le altre squadre nelle diverse competizioni);
– carta da lettera e buste personalizzate con lo stemma sociale e relativo “palmares” dei successi ottenuti (ampia “brochure” con foto, ritagli di giornale, documenti federali e del CONI da presentare per eventuali sponsorizzazioni);
– contatti con i “media” (giornali locali e nazionali, radio e TV locali).


ORGANIGRAMMA DI UN SETTORE GIOVANILE IN UNA SOCIETA’ SPORTIVA

Un organigramma di una Società Sportiva a livello giovanile. dovrebbe essere così articolato:
– presidente;
– vice presidente;
– consiglieri (di settore, tesoriere, addetto stampa, addetto alle pubbliche relazioni, addetto al marketing e al reperimento delle risorse);
– segretario: è il “cuore” della Società Sportiva, è il responsabile dei tesseramenti, iscrizioni ai campionati, visite mediche e relative scadenze, archiviazione comunicati federali e CONI, convocazioni, assicurazione dei giocatori e dei tecnici, “cura” del bilancio, registro giocatori, pagamento quote, impianti, orari, pagamenti dei tecnici e scadenze, organizzazione dei corsi, iscrizioni dei tecnici ai corsi di formazione e di aggiornamento, organizzati dalle Federazioni Sportive Nazionali e dal C.O.N.I.;
– responsabile del magazzino: deve avere cura delle attrezzature, completi da gioco, tute, attrezzi, palloni, etc.;
– responsabile tecnico generale: ha il compito di coordinare tutta l’organizzazione interna della Società e la partecipazione delle squadre e degli atleti alle diverse manifestazioni e gare;
– responsabili tecnici di settore (calcio, pallacanestro, pallavolo, atletica leggera, ciclismo, rugby, etc.): devono programmare (e verificare) tecnicamente l’attività di ogni squadra, indire riunioni periodiche di verifica con i tecnici delle diverse discipline sportive, seguire gli allenamenti e le partite e fornire indicazioni e consigli ai tecnici;

– tecnici: sono il punto di riferimento degli atleti e parte importante della struttura tecnica della Società. Distinguiamo: gli Istruttori-Educatori che seguono i bambini/e dai 5 ai 9-10 anni, gli Istruttori dell’attività giovanile e gli Allenatori. Ogni Istruttore deve tenere un registro con tutti i nomi degli atleti, con le annotazioni, le osservazioni, le presenze e le assenze, i test somministrati (motori generali e specifici) all’inizio dell’attività agonistica, durante e alla fine dell’anno; inoltre devono presentare al responsabile tecnico generale e ai responsabili tecnici di settore la programmazione annuale, suddivisa in mesocicli e microcicli e relativi obiettivi con verifica programmata;
– atleti e squadre: partecipanti ai corsi di formazione di educazione motoria e gioco-sport, ai campionati giovanili (allievi/e, cadetti, Juniores) di diverso spessore (provinciale, regionale, nazionale). E’ importante che la “piramide” degli atleti sia larga e solida, in modo che si possano “coprire” tutte le categorie dei campionati (ognuno deve partecipare al proprio campionato e in via eccezionale può giocare in due campionati o trofei);
– dirigenti accompagnatori: rappresentano la Società nelle manifestazioni (addetti al tavolo, agli arbitri, ai giudici di gara) e sono responsabili nei confronti degli organizzatori;
– medico sociale e fisioterapista: seguono in modo continuativo gli atleti, in fase di prevenzione, in occasione di infortuni e nei postumi degli incidenti; seguono le gare e gli allenamenti.


MANAGEMENT

Management significa: come lavorare con le persone per conseguire obiettivi organizzativi.
I compiti del Management
sono:
– definire la direzione e gli obiettivi da raggiungere (con il budget finanziario e con il materiale umano a disposizione cosa si vuole ottenere);
– pianificare e programmare (programma societario, tecnico-organizzativo, definizione dei compiti);
– organizzare l’attività (orari degli allenamenti, luoghi, addetti alle diverse squadre, trasferte, partite e gare “in casa”);
– analizzare i risultati e gestire i feedback di ritorno;
– motivare (essere presenti agli allenamenti e alle partite, consigliare, entusiasmare),
– comunicare (con atleti, tecnici e genitori);
– sviluppare l’attività (organizzare feste a Natale, Pasqua, fine anno con tombolata per reperire i fondi, cercare sponsorizzazione, “vendere” bene l’immagine della Società, novità, idee, proposte, predisporre sciarpe, cappellini, zainetti, orologi con i colori sociali (da “vendere ai soci, atleti, genitori).


CONCLUSIONI

Le Società Sportive, in special modo a livello giovanile, hanno bisogno di Dirigenti capaci di creare sinergie, di prendere delle decisioni, di creare entusiasmo, di trovare la strada giusta per raggiungere il successo.

Per successo non significa vincere un campionato o una competizione, ma essere in pace con se stessi, sicuri di avere dato il massimo per raggiungere gli obiettivi prefissati.

E’ questa una “mission” importante, che esige strategie impegnative, coraggiose, che ha bisogno di strutture solide e ben organizzate, di persone competenti, entusiaste e motivate.

Il Dirigente di una Società Sportiva a livello giovanile deve essere professionale al massimo, deve acquisire progressivamente esperienza, deve conoscere bene il mondo dello sport e le persone che vi gravitano attorno.

Un passaggio importante nel miglioramento della professionalità del Dirigente è costituito dalla presa di coscienza che non è solo lui ad influenzare la Società, ma è anche la Società che cambia il Dirigente.

Questo processo è definito empatia, cioè la capacità di sentire le emozioni e i sentimenti provati da un’altra persona.

Questa è un’abilità che molti Dirigenti pensano di possedere, ma che raramente provano a verificare.

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