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La Metodologia di insegnamento nel passaggio dal minibasket al basket

La Metodologia di insegnamento nel passaggio dal minibasket al basket

Cosa cambia nella metodologia dell’insegnamento e dell’allenamento della pallacanestro nel passaggio dal minibasket al basket giovanile.

La pubertà è un periodo di reale disarmonia, non solo somatica, ma anche funzionale e psichica, l’ansia regna sovrana e l’incertezza nel prendere le decisioni “recita” un ruolo molto importante.
Prof. Maurizio Mondoni
#iostoconibambini
Mondoni #iostoconibambini

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Premessa

Il periodo che segue la fanciullezza inizia in genere per i maschi verso il dodicesimo anno e verso l’undicesimo per le femmine. Le intense trasformazioni somatiche, endocrine e psicologiche indotte dalla pubertà, comportano un ulteriore, anche se transitorio, squilibrio motorio.

L’aumento del ritmo di sviluppo, soprattutto auxologico, durante questo periodo, comporta una trasformazione dell’aspetto corporeo (corpo che si allunga e si allarga) e la conoscenza dei movimenti che si possono compiere, che negli anni precedente sembrava consolidata, si ristruttura e sfugge a ogni controllo motorio.

Ragazzi che a livello Minibasket erano dei veri e propri talenti, si ritrovano nel giro di una stagione, privi di armonia e coordinazione, proprio a causa del variare dello sviluppo fisico.

In questo periodo, definito “ristrutturazione delle capacità motorie“, insorgono problemi di equilibrio (statico e dinamico) per l’aumentata statura, con conseguenti variazioni del baricentro e della base di appoggio.


La crisi puberale

La crisi puberale è il periodo durante il quale i ragazzi/e iniziano ad assumere quelle che presumibilmente saranno le loro proporzioni somatiche definitive e l’Istruttore a dovrà essere consapevole di trovarsi di fronte ad individui profondamente turbati nei loro equilibri psicofisici.

La pubertà è un periodo di reale disarmonia, non solo somatica, ma anche funzionale e psichica, l’ansia regna sovrana e l’incertezza nel prendere le decisioni “recita” un ruolo molto importante.

Questa è una fase in cui i giovani iniziano a vivere la sessualità e le situazioni conflittuali che essa comporta e improvvisamente aumenta l’interesse per i coetanei/e di sesso diverso.

In questo periodo l’Istruttore dovrà comportarsi, in palestra e fuori, come un Istruttore-Educatore, dovrà cercare di capire i propri ragazzi/e, dovrà aiutarli a superare i momenti difficili.

Gli allenamenti in palestra, che aumenteranno di numero, dovranno essere divertenti e gratificanti, pena il rischio di un abbandono precoce.

Se gli Istruttori non tengono conto di tutto ciò, se non sono sensibili a tutte queste problematiche, se non si mettono ad ascoltare, osservare eannotare tutti gli atteggiamenti dei propri giocatori, sia in palestra che negli spogliatoi e fuori, avranno clamorosamente fallito il loro compito, che è quello di portare i ragazzi progressivamente ad un basket sempre più specifico e tecnico.

mondoni lezione minibasket

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La cultura motoria e sportiva

Istruire è importante, educare è fondamentale, istruire-educando è difficile e richiede una maturità che non si acquisisce solo partecipando a un Corso di formazione di Minibasket o di pallacanestro di una settimana o leggendo un libro di tecnica cestistica o assistendo a qualche allenamento, ma si raggiunge attraverso l’esperienza, la tenacia, gli errori, l’autocritica, il confronto continuo con gli altri, l’umiltà e la voglia di fare sempre bene e meglio.

Fare l’Istruttore di pallacanestro a livello giovanile non è facile, ma lo diventa ancor meno quando siamo noi stessi a complicare la situazione, non interpretando nel giusto modo la funzione che ci siamo accollati.
Prof. Maurizio Mondoni
#iostoconibambini

Avviare i giovani alla pallacanestro a quest’età, non significa specializzare troppo precocemente i ruoli, non significa pretendere a tutti i costi e subito la perfezione di un gesto attraverso la continua ripetizione dello stesso (automatizzazione), ma significa far loro conoscere le diverse possibilità di utilizzo del proprio corpo in relazione allo spazio, al tempo, alla palla, alle regole di gioco, ai compagni e agli avversari.

Prima di automatizzare è importante strutturare, quindi occorre creare le basi solide su cui costruire successivamente.

La specializzazione precoce e la tecnicizzazione (prima degli 11-12 anni) che hanno caratterizzato i tempi recenti, hanno fatto crescere le competizioni esasperate, i bambini sono “addestrati” a vincere subito e chi rimane indietro, inesorabilmente è messo da parte (“burn out”).


I talenti e l’abbandono

L’abbandono precoce della pallacanestro dopo i 12-13 anni (percentuale molto alta), la pressione negativa dei genitori, degli Istruttori e dei dirigenti, provocano l’esasperazione e la perdita dei talenti, di conseguenza la pallacanestro diventa diseducativa e non formativa.

I talenti devono essere seguiti in modo particolare, ma gli altri che non sono dei talenti non devono essere abbandonati o “tagliati”.

A tale scopo è molto importante che l’Istruttore programmi il proprio lavoro (annuale, mensile, per allenamento), fissi gli obiettivi da raggiungere (a breve, a media e lunga scadenza) e verifichi continuamente la loro validità.

La diluizione in più anni degli obiettivi (programmazione) permette il consolidamento degli schemi motori di base e la loro successiva trasformazione in abilità motorie (generali e specifiche), attraverso l’educazione e lo sviluppo delle capacità motorie.


Il carico di lavoro e le capacità motorie

Per garantire uno sviluppo armonico tra le abilità generali e quelle specifiche è importante che i carichi di lavoro siano dosati in modo corretto e opportuno, rispettando le giuste proporzioni e percentuali in relazione all’età, al sesso e alle “fasi sensibili” delle capacità motorie.

Il giovane che negli anni precedenti era riuscito a migliorare la propria coordinazione e il proprio equilibrio, a rendere i propri gesti e movimenti precisi e sinergici, si trova, in questo periodo, quasi all’improvviso, condizionato da profonde trasformazioni (peso, statura, aumentata lunghezza degli arti inferiori e superiori, maggior forza di lancio e di salto, rapporti mutati con il tempo e lo spazio), che gli fanno sembrare tutto più difficile; allora imperversa lo scoramento e la paura di sbagliare.

L’Istruttore in questi casi deve avere pazienza e buon senso. I ragazzi di questa età sono dotati di una grande potenza aerobica e sono anche capaci di prestazioni anaerobiche, purché non condotte all’esasperazione. Essi hanno una quasi totale mancanza di resistenza allo sforzo intenso e prolungato ed è facile, con un dosaggio male oculato del lavoro in palestra, provocare fenomeni di sovraccarico e fatica, con conseguenze spesso gravi.

Occorre progressivamente abbandonare l’aspetto quantitativo del lavoro in palestra, per far posto ad una cura qualitativa atta al mantenimento o alla riacquisizione di una totale padronanza dei movimenti (rispetto dei diversi ritmi di apprendimento).

Si devono, a tale scopo, irrobustire i punti deboli di un “somma” che consuma sempre in modo dispendioso e dispersivo (movimenti non economici) attraverso la presentazione di esercizi tecnico-didattici divertenti, interessanti e sempre divertenti.

L’Istruttore (specialmente a livello di under 13) deve essere a disposizione di tutti, non deve privilegiare solo i più bravi o i talenti, deve sapersi far accettare e accettare tutti nello steso modo, mettendo in ordine consequenziale l’importanza della vittoria a tutti i costi, di fronte all’impellenza di fornire loro un corredo motorio, sportivo e tecnico (creatività e fantasia motoria) il più plastico possibile, in quanto non è logico, a questa età, anteporre il solo il concetto di vittoria al concetto di formazione.

MONDONI minibasket Cremona

MONDONI minibasket Cremona


L’Istruttore

L’Istruttore di pallacanestro a livello giovanile non deve mai copiare gli atteggiamenti di un grande allenatore, né deve far giocare la propria squadra con schemi rigidi, perchè significa chiedere ai giovani di interpretare una parte alla quale non sono preparati e limitare le loro capacità di scelta.

I ragazzi sono molto discontinui nelle loro prestazioni e nel rendimento, si esaltano e si deprimono molto facilmente, vogliono socializzare, comunicare.

L’Istruttore, in questo contesto, deve essere un modello di coerenza, di buon senso, deve essere un leader, aperto e sicuro, non deve perdere nessuno per strada.
Prof. Maurizio Mondoni
#iostoconibambini

In qualsiasi attività prima di fare è importante capire, quindi gli Istruttori devono insegnare la pallacanestro senza separare il gioco dal gesto e così facendo utilizzeranno l’intelligenza motoria dei loro giocatori, la loro creatività e la fantasia motoria.

Gli allenamenti non devono essere faticosi e i metodi di insegnamento devono essere graduali e attuati tenendo conto di chi ha già praticato Minibasket negli anni precedenti e di chi non lo ha mai praticato.

L’Istruttore che ha un “campioncino” tra i propri giocatori, spesso lo esalta, considerando poco gli altri.

Sarebbe meglio che a 11-12 anni non ci fossero eccessive specializzazioni di ruoli, perchè tutti devono essere in grado di giocare nelle diverse posizioni, assumendosi le proprie responsabilità.


Allenamenti, fasi sensibili e tecnica esecutiva

La tecnica esecutiva dei fondamentali di gioco (che deve essere patrimonio dell’Istruttore) deve essere somministrata a piccole dosi.

Non si deve assolutamente pensare che aumentando il numero e l’intensità degli allenamenti, si ottengano risultati migliori subito, poiché se a volte si verifica, altre volte (molto più numerose) i risultati sono gli abbandoni precoci e i contrasti tra gli atleti, i giocatori e l’Istruttore.

Ogni Istruttore, in relazione ai giocatori a disposizione, alla sua esperienza e preparazione, cercherà di utilizzare i mezzi e i metodi più opportuni per migliorare la capacità di prestazione individuale e della squadra con il suo stile personaledi lavoro.

E’ opportuno sottolineare che oltre a fenomeni ben visibili (aumento di peso e di statura), il cuore tra gli 11 e i 15 anni raddoppia di peso e di volume, allarga i suoi orifizi, aumenta il calibro dei vasi e diminuiscono le contrazioni.

E’ questo il periodo in cui, a seguito di uno sforzo anche leggero, il cuore cambia di ritmo nelle frequenze, denuncia crisi di palpitazioni e ha accelerazioni brusche.

La pubertà è il periodo degli affaticamenti inspiegabili, spesso tradotti dall’Istruttore (impreparato) in scarsa volontà e fiacchezza, con giudizi pesanti e non corrispondenti alle vere situazioni in atto.


Le capacità motorie, le fasi sensibili e la tecnica esecutiva

Non si può insegnare una corretta tecnica esecutiva di un gesto o di un movimento, se prima non è stata creata una base multilaterale su cui costruire successivamente.

“Se non si educano e non si sviluppano le capacità e le abilità motorie individuali non si migliora la tecnica esecutiva”.
Prof. Maurizio Mondoni
#iostoconibambini

E’ importante tener conto delle fasi sensibili relativamente alle capacità motorie.

Gli incrementi della capacità di forza, insignificanti fino agli 11 anni, ma uguali sia per i maschi che per le femmine, dal 12 ai 15 anni sono maggiori nei maschi (forza di lancio, forza di salto).

La forza di lancio si sviluppa molto verso i 12-13 anni, mentre la forza di salto mostra tassi di incremento elevati dai 12 anni in avanti. E’ importante lavorare in palestra a carico naturale e con piccoli attrezzi (non bisogna utilizzare palloni medicinali troppo pesanti e non è corretto lavorare con esercizi di pliometria, anche se si ottengono subito risultati sorprendenti).

Relativamente alla resistenza alla corsa, a 12 anni si registrano tassi di incremento maggiori nei maschi e a partire dai 12-13 anni, le funzioni anaerobiche sono molto allenabili (“curare” in modo particolare i tempi di recupero e l’educazione respiratoria).

Lo sviluppo della capacità di resistenza cresce fino ai 12 anni in modo parallelo tra i due sessi e in seguito, dopo un breve periodo di stallo per quanto riguarda le femmine, si registra un pronunciato regresso dovuto alle prime mestruazioni, all’aumento di peso che rende precario il rapporto forza-peso e alla variazione del rapporto massa magra-massa grassa.

Gli allenamenti relativi allo sviluppo di questa capacità non devono essere troppo lunghi e faticosi, altrimenti insorge la fatica (spesso più mentale che fisica).

E’ importante lavorare sia sullo sviluppo della resistenza di base (capacità di gareggiare o di giocare la partita), che su quella specifica (movimenti senza palla in attacco e movimenti difensivi, rimbalzi, tiri, passaggi, palleggi).

Siccome la pallacanestro è uno sport simmetrico, aciclico, di situazione, di tipo aerobico-anaerobico alternato, le azioni di gioco devono essere rapide e di riflesso bisogna sviluppare la rapidità (di reazione, di esecuzione, di frequenza dei movimenti).

Verso i 12 anni si registra il “top” dell’escalation della rapidità (rapidità di reazione a stimoli e frequenza dei movimenti), di concerto con lo sviluppo delle capacità coordinative , che si devono necessariamente educare dai 6 agli 11 anni se si vogliono ottenere successivamente buoni risultati.

E’ importante lavorare sul tempo di risposta agli stimoli (uditivo, visivo, tattile) proponendo, in allenamento, esercizi con situazioni sempre diverse. Per sviluppare la capacità di rapidità è meglio lavorare all’inizio dell’allenamento e non in condizioni di fatica.

La mobilità articolare (flessibilità) deve essere educata continuamente e sviluppata progressivamente (inizio dello stretching dopo i 12 anni). Non si può iniziare un lavoro di irrobustimento se prima non è stato compiuto un buon lavoro di mobilizzazione a tutti i livelli. La capacità di mobilità articolare è una capacità intermedia tra le capacità condizionali e le capacità coordinative ed è il “presupposto” per una “economica” esecuzione di un gesto o di un movimento.

Essere flessibili nella pallacanestro significa saper correre, saltare, passare, ricevere, tirare, muoversi senza palla in attacco e in difesa in modo economico.

In età puberale si registra una crescita della mobilità articolare della colonna vertebrale, verso i 12 anni si nota una stasi della mobilità dell’articolazione scapolo-omerale (che crescerà fino a 14 anni), mentre la mobilità dell’articolazione dell’anca decresce continuamente dopo i 12 anni (se non sviluppata).

E’ importante tener conto di tutto ciò in funzione dell’insegnamento dei fondamentali individuali (ad esempio nel tiro la spinta parte dai piedi, interessa il ginocchio, la spalla, il gomito, il carpo, le articolazioni interfalangee, etc.) e quindi, se non esiste una buona mobilizzazione articolare a tutti i livelli, i gesti tecnici non possono essere espressi al meglio.

 Il periodo migliore per l’apprendimento dei gesti e dei movimenti va dai 10 ai 13 anni per i maschi e dai 10 ai 12 per le femmine.

A queste età si realizza uno dei punti massimi dell’intero sviluppo motorio e l’apprendimento motorio procede tanto più velocemente quanto più i ragazzi dispongono di esperienze motorie polivalenti, polisportive e multilaterali precedenti.

Le capacità coordinative devono essere educate contemporaneamente alle capacità condizionali e alla mobilità articolare, perché sono il presupposto fondamentale per lo sviluppo di una tecnica efficace e corretta.

Il lavoro di sviluppo della coordinazione (globale e segmentaria) sul controllo motorio, sugli analizzatori (acustici, visivi, tattili, cinestesici), sull’equilibrio (apparato vestibolare), sulla percezione del tempo e dello spazio, sul ritmo, sulla capacità di anticipazione e di scelta, è la base per migliorare la capacità di prestazione individuale.

In palestra l’Istruttore non deve solo lavorare sui fondamentali in modo esasperato (ci sarà tempo dopo!), ma deve sviluppare la mobilizzazione, proporre esercizi di pre-acrobatica, di equilibrio, di lateralità e bilateralità, a coppie, in situazioni diverse, esercizi didattici, gare e giochi.

Sicuramente i fondamentali individuali (e di riflesso quelli collettivi) miglioreranno, migliorerà la capacità di anticipazione e di scelta, il controllo dei gesti e dei movimenti, i fondamentali di gioco diventeranno più efficaci.

L’insegnamento dei gesti tecnici, dovrà passare attraverso le tappe della coordinazione grezza (che corrisponde all’assimilazione della base tecnica del gesto da imparare), della coordinazione raffinata, con la precisazione ulteriore dei diversi gesti e movimenti e della stabilizzazione della coordinazione raffinata e dello sviluppo della disponibilità variabile.

Nella prima tappa, l’Istruttore deve semplificare al massimo l’apprendimento dei fondamentali; è necessario creare condizioni tali che già ai primi tentativi il ragazzo riesca a percepire sensazioni corrispondenti a quelle della corretta esecuzione del gesto (dimostrazione e spiegazione chiara e corretta da parte dell’Istruttore).

I fondamentali di gioco devono essere capiti dai ragazzi, non solamente eseguiti senza sapere il perché si fanno; la correzione non deve essere troppo analitica, occorre procedere dal facile al difficile, dal conosciuto allo sconosciuto.

Progressivamente il gesto deve essere interiorizzato, devono essere rimosse le parti inutili (sincinesie) e all’inizio si deve curare l’essenzialità del gesto e non la sua esteticità.

E’ importante che l’Istruttore crei nei suoi giocatori l’immagine generale del gesto o del movimento da apprendere (chiedere se hanno capito a cosa serve, perché si deve fare e come si deve eseguire).

E’ importante lasciare loro la possibilità di sbagliare senza l’assillo di essere puniti e consenta loro un ampio spazio alla creatività e alla fantasia motoria.

Quando l’Istruttore avrà valutato che il gesto e stato assimilato, memorizzato e rappresentato correttamente, passerà alla fase successiva, cioè alla “messa a punto” del sistema dei movimenti.

Questa fase inizia dopo l’acquisizione della forma generale del gesto e prosegue fino allo stadio della forma raffinata (con pochi errori).

Il processo di perfezionamento della coordinazione dei movimenti rappresenta l’aspetto più evidente di questa fase; in questo preciso momento si concentrano i processi di eccitazione, si producono varie reazioni inibitorie, si registra una ulteriore precisazione de decorso dei processi corticali, si va verso l’automatizzazione del movimento (senza una attenzione consapevole).

Così facendo, la coordinazione motoria è perfezionata e stabilizzata e il compito motorio viene assolto con grande sicurezza e consapevolezza.


Le abilità motorie

Tutto ciò non può essere ancora definito come abilità motoria specifica, perchè non è ancora stato consolidato un sistema di movimenti ben formato e inoltre il gesto può essere ancora disturbato dalla fatica, dall’emozione, dall’ansia, dalla pressione dell’Istruttore (che vuole tutto e subito) e dall’aumento dello sforzo fisico.

Le abilità motorie specifiche della pallacanestro (muoversi nello spazio per ricevere la palla, palleggiare, tirare, passare, muoversi in difesa) devono essere plastiche, adattabili ad ogni situazione di gioco, ma solide nella loro base e tutto ciò si ottiene lavorando non esclusivamente sull’automatizzazione dei gesti, ma presentando esercizi sempre diversi, con posizioni di partenza e conclusioni differenti, da destra, da sinistra e dal centro, con varianti esecutive, etc.

L’Istruttore non deve correggere troppo spesso, non deve punire, deve utilizzare i feed-back in modo intelligente e non deve assolutamente pretendere che tutti i giocatori eseguano i gesti perfettamente prima del tempo dovuto.

La terza tappa della formazione delle abilità motorie è caratterizzata dalla stabilizzazione della coordinazione raffinata e dallo sviluppo della disponibilità variabile.

E’ questa la tappa finale del processo di insegnamento, che non si ottiene in tre o quattro allenamenti, in quanto per ottenerla ci vuole tempo, pazienza e buon senso da parte dell’Istruttore!

Quando un giocatore “possiede” il gesto, lo padroneggia, lo cambia a seconda di quanto succede durante la partita, è il momento giusto per affinare i movimenti, per correggere e per aumentare le difficoltà esecutive.

La stabilità di un gesto o di un movimento è prodotta dalle numerose ripetizioni dello stesso in situazione sempre diverse, tali da rafforzare l’abilità motoria stessa.

L’acquisizione dell’automatizzazione di un gesto o di un movimento permette al giovane giocatore di concentrare la sua attenzione nell’impiego di azioni tecniche in situazioni di gioco complesse (ad esempio la tattica individuale da adottare in attacco e in difesa nell’1 contro 1, la selezione del passaggio e del tiro, il diverso utilizzo del palleggio, la scelta del tipo di movimento da attuare per ricevere la palla, etc.).

La complicazione delle condizioni di gioco (situazioni di sovrannumero e sottonumero) contribuisce all’educazione delle capacità tattiche (“leggere” il gioco sia in attacco che in difesa).

Il perfezionamento dei fondamentali individuali corre in conformità con lo sviluppo delle capacità motorie; tuttavia, affinché il livello di utilizzo delle stesse sia completamente raggiunto, è necessaria una buona padronanza tecnica del gesto.

Ad esempio, la perfetta meccanica di un tiro a canestro o di un passaggio si insegna dopo aver mobilizzato ed irrobustito le articolazioni interessate; successivamente si deve insegnare come velocizzare il gesto e lo si deve “pulire” dalle sincinesie per renderlo più armonico e fluido.

La capacità di ricostruire continuamente un gesto, un movimento, in base alle continue variazioni di peso, di statura, di lunghezza degli arti, deve essere il “bagaglio” di ogni giovane giocatore, sulla base della conoscenza del gesto stesso.

Se un giovane di 12 anni aumenta l’esplosività nel saltare (per esempio nel tiro o nell’azione di rimbalzo), deve parallelamente modificare il suo equilibrio e la tecnica esecutiva.

Comunque non si possono insegnare movimenti e gesti difficili se non esiste una base multilaterale solida su cui costruire successivamente. Più esperienze motorie e sportive si possiedono, più gesti e movimenti si conosceranno e di conseguenza si potranno utilizzare giocando.

Così facendo, non avremo giocatori “robot”, ma giocatori pensanti e creativi, che inventano e giocano con fantasia (tiri in acrobazia e in controtempo, passaggi dietro la schiena, etc.).

La formazione di movimenti o di gesti complessi avviene sulla base della rielaborazione di movimenti conosciuti precedentemente e quanto più sarà elevato il numero di esperienze motorie vissute, tanto maggiore sarà la capacità di costruire nuove abilità specifiche e di adattarsi continuamente alle diverse situazioni che si presentano durante il gioco.

Il passaggio dal gioco-sport Minibasket (5-10 anni) allo sport giovanile (dagli 11 anni in avanti), non deve essere traumatico, in quanto questo è un periodo determinante per decidere di continuare o meno a praticare una disciplina sportiva!

Il lavoro in palestra deve tener conto del fatto che molti giovani potrebbero aver praticato una o più discipline sportive negli anni precedenti (chi poco, chi tanto), che alcuni potrebbero aver iniziato a praticare lo sport e in particolare la pallacanestro da poco tempo e, quindi, prima di iniziare un lavoro specifico di basket, bisogna vedere da dove cominciare (somministrazione di test antropometrici, funzionali, motori generali e specifici, psicologici e sociometrici) per programmare correttamente il lavoro di costruzione e di perfezionamento.

Il gioco-sport Minibasket e il passaggio allo sport giovanile devono essere due proposte simili ma non uguali, con un passaggio “dolce”, senza sorprendere o sbalordire nessuno.
Prof. Maurizio Mondoni
#iostoconibambini


E i talenti?

E’ bene che un Istruttore di pallacanestro a livello giovanile si accorga subito del o dei talenti che ha nel proprio gruppo o in squadra.

Il talento registra subito prestazioni superiori alla media quando è sottoposto ai test motori generali e specifici, è un atleta particolare, estroverso, a volte ingestibile, ma se ad esempio lo rendiamo importante mettendolo al servizio della squadra per farla crescere, vedremo che miglioreranno entrambi.

Con i talenti occorre pazienza, qualche volta bisogna usare il pugno di ferro, qualche volta la carota, però in linea di massima sono abbastanza riconducibili. Purtroppo si vedono, a livello giovanile, squadre di pallacanestro che eseguono schemi rigidi di gioco, giocatori che non inventano niente e che eseguono meramente ciò che vuole l’Istruttore. Così facendo perdono di vista il loro compito principale che è quello di insegnare ai ragazzi/e a giocare sempre meglio e ad allenarsi con serietà, passione ed entusiasmo.

Purtroppo molti Istruttori insegnano i fondamentali di gioco rigidamente e analiticamente attraverso esercizi stereotipati, le correzioni sono continue, idem le punizioni e al momento della verifica (la partita) ci si accorge che i giocatori eseguono alla perfezione i fondamentali esteticamente, ma non sanno usarli (essenzialità).

I giovani giocatori devono invece essere coinvolti direttamente nel gioco, devono saper risolvere tutte o quasi le situazioni-problema che si presentano in campo durante il gioco e per fare bene tutto ciò devono conoscere i movimenti che possono fare con il corpo, nello spazio, nel tempo, con la palla o senza, vicino o lontano dal canestro, con o senza difensore/i davanti.

Ci si deve convincere che “ingabbiando” il giovane giocatore in una serie di obblighi (“devi fare così”, “se non fai così, ti cambio”), lo si espropria della sua fantasia motoria, della sua voglia di esprimersi ogni tanto come vuole e con estro.

Bisogna fornire ai giovani giocatori tutti gli strumenti per capire che cosa devono fare in campo e come devono comportarsi quando sono in attacco e quando sono in difesa (logica applicata al movimento).


Conclusioni

I giovani giocatori non devono essere contenitori passivi da riempire con nozioni, sono esseri pensanti, operanti, vivi, creativi, per cui l’Istruttore deve essere in grado di comportarsi in relazione alle diverse individualità.

L’educazione della capacità di anticipazione e di scelta è spesso dimenticata nei programmi di allenamento (assieme al tiro), per dare invece spazio alla costruzione degli schemi di gioco.

I giovani giocatori devono essere messi in grado di “leggere” progressivamente ciò che avviene in campo, in base a quello che hanno appreso durante gli allenamenti.

L’insegnamento dei fondamentali non deve essere indirizzato solo verso la ricerca della pura gestualità, ma anche attraverso la capacità e la possibilità di risolvere i problemi di gioco che si presentano di volta in volta in campo.

Adattando le capacità individuali alle situazioni reali della partita, l’Istruttore deve mettere i suoi giocatori in condizione di giocare e per fare tutto ciò……….. bisogna osservarli bene (non guardarli) mentre si allenano e giocano.

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