Come allenare la fantasia motoria nel minibasket
La Creatività, la Capacità di Gioco e La Fantasia Motoria Dei Bambini
Premessa
L’individuo intelligente non solo è in grado di affrontare il problema che gli si presenta, ma addirittura è capace di trovare una via d’uscita ai nuovi interrogativi che si manifestano.
Il processo creativo si attiva nel momento in cui il soggetto sente una motivazione, una tensione interna, oppure una certa ambiguità o dissonanza.
Quando quest’inquietudine psicologica è riequilibrata, di solito il risultato è un’operazione creativa.
La creatività
Definire la creatività è stata sempre un’impresa ardua, le definizioni sono state tante:
– forma di pensiero divergente, che implica il superamento dell’esperienza ed impone all’individuo la dimensione del gioco;
– processo che si svolge nel tempo caratterizzato dall’originalità, dallo spirito d’adattamento, dalla possibilità di una realizzazione concreta;
– capacità di congiungere elementi che sono comunemente pensati come indipendenti e dissimili;
– capacità di formare nuove combinazioni;
– processo che dà un nuovo prodotto;
– processo che porta qualcosa di nuovo nell’esistenza;
– modo attivo di correlarsi con la realtà cognitiva;
– caratteristica della personalità;
– un aspetto dell’intelligenza.
L’attività creativa di un soggetto dipende anche dall’ambiente in cui vive, dai condizionamenti sociali e da coloro che lo possono giudicare (genitori, Insegnanti, Istruttori).
Vi sono bambini che possiedono una gran dose di creatività (ipercreativi) e ciò li porta a produrre situazioni con un alto grado di originalità e soprattutto di imprevedibilità.
[Tweet “la creatività è presente in tutti i bambini, chi ne possiede di più e chi ne possiede di meno!”]
La convinzione comune che la persona creativa sia un po’ “matta”, nasce dalla storia personale di alcuni grandi personaggi come Van Gogh, Baudelaire, Paganini e tanti altri ancora: tutti infinitamente creativi, ma con un’esistenza fuori dei canoni tradizionali.
Ciò non esclude che vi siano bambini che possiedano percentuali minori di creatività: la creatività è presente in tutti i bambini, chi ne possiede di più e chi ne possiede di meno!
Chi ne possiede di meno, la manifesta ad un livello più basso, con molta incostanza e con una potenza assai inferiore.
Dai risultati di una ricerca effettuata da Barron e Mc Kinnon su bambini creativi (in età scolare), è emerso che:
– hanno una grande autostima
– fanno autocritica
– hanno interessi molteplici
– sono aperti a numerose esperienze
– sono molto sensibili
– preferiscono la ricchezza del disordine alla monotonia dell’ordine
– sono flessibili e spontanei nel ragionamento
– sono intuitivi, introversi, amanti del rischio e capaci di bilanciare il ragionamento con il sentimento
– sono egocentrici e indipendenti
– hanno una personalità dominante
– sono socievoli, amanti del bello e dell’autonomia.
I bambini “creativi” tollerano ed accettano l’ambiguità e la confusione, sono a loro agio in situazioni complesse e a volte cercano di creare situazioni di ambiguità in situazioni troppo monotone per i loro gusti e ti forniscono anche il perché.
Sono persone psicologicamente stabili, controllano i loro impulsi, sono equilibrate e sopportano situazioni depressive eccetto quando il loro sforzo creativo è in fase discendente, focalizzano l’attenzione su ciò che li interessa e limitano il loro interesse verso una situazione, se a loro in quel momento ne interessa un’altra.
[Tweet “I bambini “creativi” tollerano ed accettano l’ambiguità e la confusione “]
Spesso la personalità creativa tende a uscire dalle regole e ciò può infastidire l’Insegnante troppo “quadrato”, che vive come negativa la creatività del soggetto.
A volte il bambino “creativo” non va molto bene a scuola, il suo profitto è ottimo nelle discipline che “ama” e che gli permettono di essere se stesso, fatica nelle materie che richiedono disciplina, restrizione del pensiero, ordine.
Sulla condotta creativa dei bambini di 3-4 anni, ha un sicuro effetto l’orientamento educativo della madre, mentre quello paterno è irrilevante.
Anche l’assenza di problemi psicologici tra i genitori, favorisce la maturazione della personalità e della creatività (potenziale creativo individuale).
I fattori della creatività
I fattori sviluppanti la creatività sono:
– la libertà di movimento nello spazio domestico;
– tutti gli oggetti presenti nello spazio domestico sono lasciati come strumenti di gioco al bambino, senza nessuna discriminazione;
– non si deve insistere sugli stereotipi di quanto è adatto al bambino e alla bambina.
I bambini provenienti da famiglie caratterizzate da un alto grado di tolleranza educativa sono:
– spontanei;
– originali;
– indipendenti;
– socializzati ed amichevoli;
– meno aggressivi rispetto a bambini di famiglie integrate e troppo affettuose.
Il livello di espressione creativa di un soggetto è correlato con diversi fattori della realtà culturale della famiglia.
Spesso il bambino creativo cresce in situazioni dove i genitori sono laureati, o svolgono professioni autonome con redditi elevati, hanno interessi musicali, letterari e scientifici, leggono riviste diverse, che diventano stimolo per i figli.
Educare alla creatività
L’ambiente familiare (genitori, fratelli, sorelle, parenti), la Scuola (Insegnanti, compagni), la Società Sportiva (Istruttore, Allenatore, compagni), possono fare molto per “far uscire allo scoperto” il talento creativo del bambino.
Il bambino è sostanzialmente creativo, il suo rapporto con il mondo esterno è anticonformista per eccellenza, spesso non è capito dal genitore, dall’Insegnante e dall’Istruttore (ormai schiavi del loro conformismo mentale, definito da Kant “condizione di minorità”).
Il mettere assieme oggetti, frasi, gesti, movimenti, è per il bambino un assemblaggio che sfugge alle regole del mondo degli adulti.
Per capire il bambino, l’adulto deve imparare a comprendere il mondo mentale del bambino, le sue regole, parlare la sua lingua, deve essere “a misura” di bambino, non deve guardarlo dall’alto in basso, ma alla sua stessa altezza (diritto negli occhi).
[Tweet “L’Insegnante deve presentare i giochi in forma globale, poi analitica e poi ancora globale “]
Chi fa più fatica a comprendere il mondo dei bambini è colui che ha una mentalità radicalmente conformista.
A Scuola durante le lezioni di Educazione Fisica, l’Insegnante deve proporre ai bambini giochi di espressione e di conoscenza del proprio corpo, giochi a coppie, con la musica, con i piccoli attrezzi, ai grandi attrezzi, in forma libera, con regole, giochi-sport, come momenti di confronto.
Mentre i bambini si muovono e giocano, l’Insegnante deve essere in grado di osservare bene (griglia di osservazione) tutto ciò che avviene (bambini timidi, aggressivi, annoiati, timorosi, etc.).
L’Insegnante deve presentare i giochi in forma globale (situazioni vere di gioco, per far capire come è il gioco), poi in forma analitica (si fa per dire), per poi ritornare di nuovo alla forma globale. Questo metodo di insegnamento è definito di “tipo misto”.
Per i bambini più piccoli 5-6 anni, è importante lavorare sulla percezione del corpo, sullo spazio, sul tempo, sull’educazione delle capacità senso-percettive (sistema senso-percettivo), degli schemi motori e posturali e delle capacità coordinative.
Successivamente l’Insegnante deve sviluppare le capacità e le abilità motorie, rispettando i diversi ritmi di apprendimento individuali.
Ricordiamoci che la tecnica esecutiva dei gesti e dei movimenti, si costruisce progressivamente sullo sviluppo delle capacità e abilità motorie. Tutto ciò avviene anche nelle fasi di apprendimento della lettura e della scrittura.
L’Insegnante deve conoscere bene queste problematiche, se vuole creare a scuola bambini pensanti e creativi, altrimenti creerà bambini robot, automi, che eseguiranno bene compiti, gesti e movimenti, ma non capiranno a che cosa servono, quando si devono eseguire e perché.
Se a scuola e in palestra abbiamo bambini un poco “difficili” (secondo noi), bisogna saperli osservare bene (forse sono dei talenti), bisogna evitare di stereotiparli subito se inventano movimenti nuovi e curiosi, dobbiamo lasciarli fare: questo è indice di creatività e di fantasia motoria!
Le età della creatività
Le età della creatività (fasi sensibili) sono diverse secondo i periodi evolutivi.
Dalla Scuola dell’Infanzia, fino a circa 9 anni, possiamo parlare di “periodo d’oro” per questa caratteristica della personalità, poi fino ai dodici anni si ha un assopimento, ma successivamente l’adolescenza, con il suo anticonformismo di base, rappresenta un nuovo periodo ricco di elementi creativi.
Le fasi sensibili della creatività devono essere “sfruttate” bene e al momento opportuno da parte degli Insegnanti.
E’ importante, per far “uscire” gli elementi dell’originalità creativa del bambino, che questi acquisisca progressivamente una buona fiducia nelle sue possibilità (la sicurizzazione è uno degli obiettivi primari della scuola).
L’atteggiamento educativo corretto è quello che valorizza i piccoli successi comportamentali, scolastici, motori e sportivi del bambino (utilizzo corretto dei feedback); in questo modo il bambino costruirà una visione positiva di se stesso e delle sue possibilità in rapporto con il mondo esterno.
Genitori, Insegnanti e Istruttori troppo esigenti, troppo perfezionisti, esageratamente normativi, producono sovente nel bambino distorsioni nella percezione del suo valore che in questo modo, si costruisce livelli di autostima assai precari.
In ogni contesto (familiare, scolastico, motorio e sportivo), l’obiettivo dell’Educatore Sportivo non deve essere quello di normalizzare il bambino in maniera assoluta, costringendolo dentro binari troppo rigidi.
L’Insegnante a scuola deve fare in modo che le regole e le norme possano essere apprese (ritmi diversi di apprendimento), assimilate e capite. Lo stesso discorso è importante anche a livello sportivo, non bisogna creare bambini robot, ma è importante “plasmare” bambini che possiedano durante la partita e il gioco, quel tocco in più di fantasia e di creatività.
[Tweet “Per essere creativi, non bisogna temere l’errore e di conseguenza spesso il rimprovero.”]
Il bambino per essere creativo deve sentirsi accettato.
Un bambino che teme di non essere sufficientemente amato dai genitori o dagli Insegnanti e che ha paura di non essere apprezzato dal suo Istruttore, difficilmente “farà uscire” la sua creatività.
Per essere creativi, non bisogna temere l’errore e di conseguenza spesso il rimprovero.
Se il bambino vive il rimprovero dell’adulto (genitore, Insegnante, Istruttore), con la paura di perdere la sua stima e il suo amore, cercherà di sbagliare di meno, ricercando la soluzione più semplice possibile, la meno rischiosa, la più banale, reprimendo così la sua fantasia creativa.
A scuola è importante creare una serena atmosfera (in classe, in palestra, durante le lezioni di Educazione Fisica), favorire i gesti e i movimenti creativi, non sgridare i bambini in caso di errore, incoraggiare, sicurizzare: così facendo il bambino non avrà più paura di sbagliare e si correggerà, se è il caso, da solo!
E’ importante che gli Insegnanti si mettano nei panni dei bambini (anche se gli stanno un poco stretti e poco conformisti), li capiscano, li accettino (anche i loro comportamenti) e trovino il modo migliore per favorire la loro creatività e fantasia motoria nel gioco.
Una programmazione troppo rigida (senza una valutazione sommativa iniziale) inibisce la creatività.
Le ore passate in palestra, devono essere trascorse in un clima psicologico sereno, educativo, formativo, in cui il bambino possa sentirsi gratificato per quello che sta facendo (ognuno da quello che può dare e educare significa saper far “uscire” fuori il meglio da ognuno).
La troppa ripetitività negli esercizi e nei giochi, le frequenti correzioni, il troppo spiegare e dimostrare, il proporre esercizi troppo difficili, il pretendere prima del tempo gesti o movimenti tecnici, creare tensioni, punire, sgridare, creare rivalità nel gruppo, sono realtà che reprimono la possibilità dei bambini di estrinsecare la fantasia creativa.
Il conformismo è deleterio per la creatività.
La flessibilità del pensiero, che è poi quella che genera la creatività, si affievolisce quando una persona deve conformarsi rigidamente al volere, al pensiero, alle azioni e alle scelte dei genitori, Insegnanti ed Istruttori.
[Tweet “Se un soggetto non è creativo nel pensiero, non può essere creativo motoriamente.”]
Il gioco e la creatività
Gioco e creatività sono strettamente correlati tra loro.
Cari Insegnanti non vi siete mai soffermati ad osservare bene un bambino che guarda una palla che rimbalza e rotola?
Il bambino è capace di rilanciarla sul pavimento un’infinità di volte e di guardarla mentre rimbalza e rotola senza annoiarsi mai.
Perché?
Quando la vista di una palla che rimbalza e rotola si limita ad un mero atto mentale una sola esperienza è sufficiente.
Per il bambino non si tratta di un’esperienza mentale, ma di un piacere ricavato dalla palla in movimento, un piacere che gli adulti provano assistendo ad una partita di tennis, seguendo con gli occhi la pallina che rimbalza continuamente avanti e indietro.
E tutto ciò accresce una creatività del pensiero, un’immaginare cosa potrà fare la palla che rimbalza o rotola.
Se un soggetto non è creativo nel pensiero, non può essere creativo motoriamente.
Pensare al movimento da compiere, cambiarlo mentre si compie, variarlo, non essere sicuri che andrà a buon fine, ma vogliosi di crearlo con la nostra mente e con il nostro corpo: questa è creatività!
Il piacere del creare, il piacere di fare qualcosa di cui si è capaci, il piacere di fare qualcosa di diverso dal solito, il vivere tutto ciò intensamente e con curiosità e stupore, l’essere consapevoli di tutto ciò, la voglia di cambiare, ingenera creatività.
Un gesto, un movimento, un salto strano, un lancio diverso dal solito, un palleggio, un tiro curioso a canestro o in porta, la realizzazione di una meta, un passaggio inventato e che porta comunque ad una soluzione della situazione-problema che è stata presentata dall’Insegnante, arricchisce il bagaglio mentale e motorio del bambino.
Il bambino per essere creativo, deve essere aperto a nuove esperienze, non può essere stereotipato e perfetto, deve essere costruttivo, libero e sicuro psicologicamente e deve innanzi tutto autostimarsi.
La creatività deve essere intesa come sviluppo della personalità e l’Insegnante può giocare in questo contesto un grande ruolo: non deve essere un elemento limitante!
Il gioco, assieme all’agonismo, è una delle motivazioni primarie dell’individuo.
Molte sono le definizioni di gioco:
– è un’attività fine a se stessa;
– è un’attività biologica;
– è un’attività fantastica;
– è un’attività piacevole;
– è un’attività complessa;
– è un modo di vivere;
– è un’autentica espressione di vitalità;
– è il lavoro del bambino;
– è la sola atmosfera nella quale il bambino possa respirare ed agire;
– è una fase preparatoria alla vita adulta;
– è un aspetto creativo della vita;
– è un comportamento che si incontra nell’uomo ad ogni età;
– è un’attività che si svolge entro certi limiti di luogo, tempo, secondo regole accettate liberamente e fuori di ogni contesto di utilità e di necessità materiale;
– è un’esigenza fondamentale di ogni persona;
– è un fenomeno generale dell’esistenza;
– è “l’arco di volta” dell’educazione motoria;
– è attività motoria.
Esiste uno stretto legame tra il gioco, l’immaginario e la fantasia. Gioco e fantasia originano nella nostra vita inconscia ed esprimono, in forma simbolica, conflitti, bisogni e tendenze: il gioco del bambino spesso è strutturato sull’immaginario.
Il primo atto di creatività del bambino è di entrare simbolicamente (gioco simbolico) in relazione con qualcosa o qualcuno al di fuori di lui e tutto ciò lo manifesta con il linguaggio (parla da solo con personaggi che lui immagina, ma vede, come ad esempio, i campioni sportivi preferiti, i personaggi dei cartoni), con gesti o movimenti (sottoforma di gioco).
L’adulto, nel suo ruolo di rappresentante della “società dei grandi”, tenderà a sopire e poi a cancellare questo pensiero divergente del bambino, per portarlo velocemente ad una convergenza di pensiero, troppo spesso drammaticamente normale.
E’ attraverso il gioco che si delineano e si sviluppano le capacità del bambino (senso motorie, senso-percettive, senso-affettive, costruttive, espressive).
E’ attraverso il gioco che il bambino conosce, sperimenta, apprende e struttura i processi mentali, conosce il proprio corpo, lo controlla, lo “usa” nei modi più svariati, prende coscienza dei propri gesti, esplora l’ambiente circostante, comunica con l’esterno, si crea un mondo fantastico, si isola dalla realtà, arricchisce il proprio vocabolario motorio e linguistico, conosce lo spazio, il tempo, gli attrezzi con cui gioca, i compagni, gli avversari, le regole di gioco.
Giocando, il bambino migliora i propri schemi motori e posturali, educa e sviluppa le capacità e le abilità motorie (sotto la guida dell’Insegnante).
Il gioco è un bisogno primario del bambino e quando gioca si impegna, è concentrato, vuole divertirsi (capacità di gioco, logica applicata al movimento) e capire che cosa sta facendo.
Il gioco passa attraverso tappe importanti:
– gioco di esplorazione (piacere funzionale);
– gioco simbolico (ha alla base la capacità rappresentativa);
– gioco di regole (proposte e capite, mai imposte);
– gioco-sport (verifica delle proprie possibilità);
Il gioco-sport segna il limite di demarcazione tra l’età infantile vera e propria e l’inizio dell’età adulta (sport).
Il bambino deve giocare allo sport, non praticare lo sport!
Il gioco è un modo di essere del bambino, ognuno è capace di giocare in relazione alle proprie possibilità.
E’ un potente mezzo di educazione e quando il bambino gioca uno spettacolo osservarlo!
[Tweet “Più creatività e più fantasia motoria il soggetto possiede, meglio gioca”]
La fantasia motoria
La fantasia motoria è il complesso delle caratteristiche intellettive, motorie, sportive, che consentono al soggetto non solo di risolvere in modo originale un determinato problema motorio che gli si presenta, ma anche di variare, ristrutturare e riprodurre continuamente nuovi gesti e nuove forme di movimento.
Alla fantasia motoria sono strettamente collegate la memoria motoria e la capacità di anticipazione.
La memoria motoria, in seguito ad informazioni precedentemente registrate (memorizzazione, cassetto della memoria), permette al soggetto di immaginare (programmazione ideo-motoria) l’esecuzione di forme di movimento fino allora mai completamente registrate.
E’ importante, quindi, dotare i soggetti di un vasto bagaglio motorio (preparazione multilaterale), in modo che possano utilizzare i transfer e scegliere, quando ne hanno bisogno, un gesto o un movimento che serve in quel particolare momento di gioco.
La memoria motoria (a breve, medio e lungo termine) è in relazione all’interesse e all’attenzione verso uno stimolo piuttosto che verso un altro (apprendimento motivazione, attenzione, fissazione e memorizzazione, con possibilità di richiamo quando occorre).
La capacità di anticipazione consente di prevedere (anticipare) non solo le azioni successive di un programma motorio, ma anche di predirne il risultato.
L’Insegnante deve intervenire didatticamente sui soggetti in modo preciso, per migliorare questa capacità che è molto importante nelle discipline sportive di situazione (oltre che allargare il bagaglio motorio individuale); così facendo si arricchisce molto la fantasia motoria del soggetto.
La base essenziale di questo processo è costituita dalle esperienze motorie del bambino (dal semplice al difficile, dal conosciuto allo sconosciuto), che devono essere molteplici (individuali e di squadra), dalla capacità da parte dell’Insegnante di “utilizzare” in modo corretto i feedback, di correggere al momento giusto, di motivare e di enfatizzare il gesto e il movimento compiuto.
Più creatività e più fantasia motoria il soggetto possiede, meglio gioca (capacità di gioco).
La capacità di gioco
I bambini cui non è stata concessa la possibilità di giocare, non dispongono di quella ricchezza di vita interiore che può ricevere stimolazioni dal gioco.
Il bambino giocando non si stanca e raggiunge una rapida maturazione della corteccia cerebrale (gioco = apprendimento più veloce).
Il gioco si colloca come dato integrativo capace di agevolare la maturazione intellettiva e i processi di adattamento e di acquisizione.
Sul piano conoscitivo, il gioco si rivela fondamentale in quanto capace di anticipare, nella imitazione dell’adulto, i ruoli e i comportamenti delle età successive, funzionando, quindi, da strada maestra verso la socializzazione.
Il gioco è l’insieme di azioni intelligenti volte ad arricchire ed affinare le abilità motorie, contribuendo a conservare e rinfrescare le nuove abilità acquisite sul piano conoscitivo e motorio.
Il bambino giocando si crea un proprio mondo e ricostruisce una situazione spontanea, in cui proietta tutte le tendenze che corrispondono alla sua realtà interiore.
Il bambino trova nel gioco uno sfogo che gli consente un confronto paradossale con la realtà: si crede libero e non è più frustrato nel suo rapporto con il reale, crea situazioni immaginarie e le affronta attivamente e le domina, aiutandosi così a sopportare e superare l’ansia delle concrete situazioni vitali.
Il bambino che cerca di battere un avversario in palleggio (con le mani o con i piedi), o cerca di realizzare un goal o un canestro, o che cerca di passare la palla ad un compagno, non fa niente altro che porsi di fronte ad un problema e cercare di risolverlo.
In questo caso il gioco è un’attività di riflessione, di scelta e di reinvenzione continua di fronte alle cose, alle situazioni e al mondo esterno.
Mentre la domanda di “creatività” cresce nella società attuale, a volte è in diminuzione a scuola e nelle Società Sportive.
Mentre un tempo i bambini godevano di una maggiore possibilità di giocare e fantasticare all’aperto (in cortile), oggi sono chiusi negli appartamenti, giocano alla “play-station” o al computer, stanno troppo tempo davanti al televisore, “mangiano male”, non si muovono più, sono lontani dal verde, al riparo dai pericoli della strada, vanno in palestra (corsi di nuoto, corsi di Minibasket, di calcio, etc.) due ore alla settimana, la loro giornata è programmata nei minimi dettagli, non c’è più spazio per muoversi, correre, saltare e giocare da soli: così facendo rischiano un’accidia creativa in cui le “fantasie confezionate” di tipo televisivo o di computer, non riescono a sostituirsi al valore tradizionale del gioco.
Saper giocare non significa saper eseguire perfettamente (come vuole l’Istruttore) un gesto o un movimento, oppure uno schema di gioco.
Saper giocare significa capire:
– qual è l’obiettivo da raggiungere (obiettivo finale, canestro, goal, meta) e quale quello che bisogna difendere (proprio canestro, porta, campo);
– quali sono i compagni di squadra e quali sono gli avversari;
– quale è il campo di gioco (spazio);
– cosa si può fare se si è in possesso di palla;
– se si è in attacco e non si è in possesso di palla cosa si può fare per riceverla;
– se si è in difesa cosa si deve fare (difendere su chi è in possesso di palla e su chi non è in possesso);
– quali sono le regole del gioco (Regolamento).
Saper giocare significa integrarsi nel gioco, capire che cosa è il gioco, quali sono le regole da seguire, a che cosa serve un gesto, perché si deve eseguire, che risultati ed effetti può produrre alla fine.
Per iniziare a giocare con gli altri, il bambino deve aver provato a giocare prima da solo (correre, saltare, lanciare, palleggiare, tirare, passare) e successivamente contro un altro (per misurare le proprie capacità).
Non si può pensare che un bambino passi la palla al compagno subito (la palla è sua e non la cede a nessuno, pertanto esagera nel palleggio e nel tiro).
All’inizio continuerà a palleggiare (con le mani, con i piedi, con le mani e con i piedi), poi inizierà a passare la palla quando avrà fiducia nei compagni e infine quando non riuscirà più a risolvere da solo le situazioni-problema che gli si presentano durante il gioco (capacità di gioco).
Saper giocare significa:
– scegliere come comportarsi al momento opportuno (in relazione allo spazio, al tempo, alle regole, ai compagni, agli avversari);
– collaborare con i compagni passando loro la palla;
– controllare i propri gesti in attacco e in difesa;
– accettare le decisioni di chi dirige la partita o la lezione;
– accettare sia la sconfitta sia la vittoria con un sereno stato d’animo;
– saper vivere, dove vivere significa comunicare.
[Tweet “Il gioco è agonismo, confronto e competizione. #minibasket”]
E’ importante costruire le abilità tecniche specifiche su di una preparazione multilaterale e non solo lavorare per perfezionare subito i gesti senza passare dalla fase importante della strutturazione.
Il gioco è agonismo, confronto e competizione.
Il saper giocare da parte del bambino dipende molto all’abilità dell’Insegnante nel presentare situazioni di gioco in cui il bambino sia messo di fronte alla realtà del gioco e cerchi di risolverle da solo. L’insegnare a giocare ai bambini dipende dal metodo o dai metodi di insegnamento da parte dell’Istruttore, nel saper incanalare l’aggressività, l’agonismo e a non farlo degenerare in antagonismo.
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Prof. Maurizio Mondoni
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