Premessa
Il periodo che segue la fanciullezza inizia in genere per i maschi verso il dodicesimo anno e verso l’undicesimo per le femmine. Le intense trasformazioni somatiche, endocrine e psicologiche indotte dalla pubertà, comportano un ulteriore, anche se transitorio, squilibrio motorio.
L’aumento del ritmo di sviluppo, soprattutto auxologico, durante questo periodo, comporta una trasformazione dell’aspetto corporeo (corpo che si allunga e si allarga) e la conoscenza dei movimenti del proprio corpo, che negli anni precedente sembrava consolidata, si ristruttura e sfugge ad ogni controllo motorio.
Ragazzi e ragazze, che precedentemente erano dei veri e propri artisti, si ritrovano nel giro di una stagione, privi di armonia e coordinazione, proprio a causa del variare dello sviluppo fisico.
In questo periodo, definito “ristrutturazione delle capacità motorie”, insorgono problemi di equilibrio (statico e dinamico) per l’aumentata statura, con conseguenti variazioni del baricentro e della base di appoggio.
La crisi puberale
La crisi puberale è il periodo durante il quale i giovani iniziano ad assumere quelle che presumibilmente saranno le loro proporzioni somatiche definitive e l’Istruttore a livello giovanile dovrà essere consapevole di trovarsi di fronte ad individui profondamente turbati nei loro equilibri psico-fisici.
La pubertà è un periodo di reale disarmonia, non solo somatica, ma anche funzionale e psichica, l’ansia regna sovrana e l’incertezza nel prendere le decisioni “recita” un ruolo molto importante.
Questa è una fase in cui il giovane atleta inizia a vivere la sessualità e le situazioni conflittuali che essa comporta, aumenta l’interesse per i coetanei di sesso diverso e si registra un notevole sviluppo delle conoscenze relative alla vita sessuale (con informazioni non sempre corrispondenti alla verità).
L’Istruttore dovrà comportarsi, in palestra e fuori, come un Istruttore-Educatore, dovrà cercare di capire i propri atleti e aiutarli a superare i momenti difficili.
Gli allenamenti dovranno essere divertenti e gratificanti, pena il rischio di un abbandono precoce.
Se gli Istruttori non ascoltano ed annotano tutti gli atteggiamenti dei propri giocatori, sia in palestra che fuori, avranno clamorosamente fallito il loro compito, che è quello di portarli progressivamente ad una pratica sportiva sempre più specifica e tecnica e all’acquisizione di una corretta cultura sportiva.
La cultura motoria e sportiva
Istruire è importante, educare è fondamentale, istruire-educando è difficile e richiede una maturità che non si acquisisce solo partecipando ad un Corso di una settimana o leggendo un libro di tecnica o assistendo a qualche allenamento o ad un Clinic, ma si raggiunge attraverso l’esperienza, la tenacia, gli errori, l’autocritica, il confronto continuo con gli altri, l’umiltà e la voglia di fare sempre bene e meglio.
Fare l’Istruttore a livello giovanile non è facile, ma lo diventa ancor meno quando siamo noi stessi a complicare la situazione non interpretando nel giusto modo la funzione che ci siamo accollati.
Avviare allo sport, a quest’età, non significa specializzare troppo precocemente e pretendere a tutti i costi e subito la perfezione di un gesto attraverso la continua ripetizione dello stesso (automatizzazione), ma far conoscere a tutti le diverse possibilità di utilizzo del proprio corpo in relazione allo spazio, al tempo, alla palla, alle regole di gioco, ai compagni e agli avversari.
Prima di automatizzare è importante strutturare, quindi occorre creare le basi solide su cui costruire successivamente.
La specializzazione precoce e la tecnicizzazione (prima degli 11-12 anni) che hanno caratterizzato i tempi recenti, hanno fatto crescere le competizioni esasperate, i giovanissimi sono subito addestrati a vincere e chi rimane indietro viene messo da parte.
Il “drop out”
L’abbandono precoce dopo i 12-13 anni (percentuale molto alta), il cambiare continuamente attività sportiva da praticare, la pressione negativa dei genitori, degli Istruttori e dei Dirigenti, provocano l’esasperazione e la perdita dei talenti e di conseguenza lo sport diventa diseducativo e non formativo.
I talenti devono essere seguiti in modo particolare, ma gli “altri” non devono essere abbandonati o “tagliati”.
La programmazione
E’ molto importante che l’Istruttore programmi il proprio lavoro (annuale, mensile, per allenamento), fissi gli obiettivi da raggiungere (a breve, a media e lunga scadenza) e verifichi continuamente la loro validità.
La diluizione in più anni degli obiettivi (programmazione) permette il consolidamento degli schemi motori di base e posturali (abilità semplici) e la loro successiva trasformazione in abilità motorie specifiche, attraverso l’educazione e lo sviluppo delle capacità motorie.
La periodizzazione
Un programma annuale di lavoro (macrociclo) consta di tre fasi (mesocicli), ciascuna delle quali è suddivisa in periodi più brevi (micro cicli).
Le tre fasi che comprendono i diversi tipi di preparazione (atletica, tecnica, tattica e psicologica) sono:
– pre-campionato
– campionato
– post-campionato
Il carico di lavoro e le capacità motorie
Per garantire uno sviluppo armonico tra le abilità generali e quelle specifiche è importante che i carichi di lavoro siano dosati in modo corretto ed opportuno, rispettando le giuste proporzioni e percentuali in relazione all’età, al sesso e alle “fasi sensibili” delle capacità motorie dei giovani.
Il giovane che negli anni precedenti era riuscito a migliorare la propria coordinazione ed il proprio equilibrio, a rendere i propri gesti e movimenti precisi e sinergici, si trova, in questo periodo, quasi all’improvviso, condizionato da profonde trasformazioni (peso, statura, aumentata lunghezza degli arti inferiori e superiori, maggior forza di lancio e di salto, rapporti mutati con il tempo e lo spazio), che gli fanno sembrare tutto più difficile; allora imperversa lo scoramento e la paura di sbagliare e l’Istruttore in questi casi deve avere pazienta e buon senso.
A quest’età i giovani sono dotati di una grande potenza aerobica e sono anche capaci di prestazioni anaerobiche purché non condotte all’esasperazione, ma attenzione a non esagerare.
Essi hanno una quasi totale mancanza di resistenza allo sforzo intenso e prolungato ed è facile, con un dosaggio male oculato del lavoro in palestra, provocare fenomeni di sovraccarico e fatica, con conseguenze spesso gravi.
Occorre progressivamente abbandonare l’aspetto quantitativo del lavoro in palestra, per far posto ad una cura qualitativa atta al mantenimento o alla riacquisizione di una totale padronanza dei movimenti (rispetto dei diversi ritmi di apprendimento).
Si devono, a tale scopo, irrobustire i punti deboli di un “somma” che consuma sempre in modo dispendioso e dispersivo (movimenti non economici) attraverso la presentazione di esercizi tecnico-didattici divertenti, interessanti e sempre divertenti.
L’Istruttore deve essere a disposizione di tutti, non deve privilegiare solo i più bravi o i talenti, deve sapersi far accettare e accettare tutti nello stesso modo, mettendo in ordine consequenziale l’importanza della vittoria a tutti i costi, di fronte all’impellenza di fornire ai giovani un corredo motorio, sportivo e tecnico (creatività e fantasia motoria) il più plastico possibile, in quanto non è logico, a questa età, anteporre il solo il concetto di vittoria al concetto di formazione.
L’Istruttore a livello giovanile
L’Istruttore a livello giovanile non deve mai copiare gli atteggiamenti di un grande allenatore, né deve far giocare la propria squadra con schemi rigidi, in quanto significa chiedere ai giovani di interpretare una parte alla quale non sono preparati e limitare le loro capacità di scelta.
I giovani a quest’età sono molto discontinui nelle loro prestazioni e nel rendimento, si esaltano e si deprimono molto facilmente, vogliono socializzare, comunicare.
L’Istruttore a livello giovanile deve essere un modello di coerenza, di buon senso, deve essere un leader, aperto e sicuro, non deve perdere nessuno per strada poiché lo sport, per crescere ancora, ha bisogno anche di altri Istruttori, Allenatori, Dirigenti, Arbitri, pubblico intelligente e corretto.
In qualsiasi attività prima di fare è importante capire, quindi gli Istruttori devono insegnare una disciplina sportiva senza separare il gioco dal gesto e così facendo utilizzeranno l’intelligenza motrice dei loro atleti e giocatori, la loro creatività e la fantasia motoria.
Gli allenamenti non devono essere faticosi e i metodi di insegnamento devono essere graduali e attuati tenendo conto di chi ha già praticato una attività sportiva negli anni precedenti e di chi non lo ha mai praticato.
L’Istruttore che ha un “campioncino” tra i propri allievi, spesso lo esalta, considerando poco gli altri.
Sarebbe meglio che a 11-12 anni non ci fossero eccessive specializzazioni di ruoli negli sport di squadra, in quanto tutti devono essere in grado di giocare in qualsiasi ruolo, assumendosi le proprie responsabilità.
Allenamenti e tecnica esecutiva
La tecnica esecutiva dei fondamentali di gioco (che deve essere patrimonio dell’Istruttore) deve essere somministrata a piccole dosi.
Non si deve assolutamente pensare che aumentando il numero e l’intensità degli allenamenti, si ottengano risultati migliori subito, poiché se a volte si verifica, altre volte (molto più numerose) i risultati sono gli abbandoni precoci e i contrasti tra gli atleti, i giocatori e l’Istruttore.
Ogni Istruttore, in relazione al materiale umano a disposizione, alla sua esperienza e preparazione, cercherà di utilizzare i mezzi e i metodi più opportuni per migliorare la capacità di prestazione individuale e della squadra con il suo stile personale di lavoro.
E’ opportuno sottolineare che oltre a fenomeni ben visibili, quali l’aumento di peso e di statura, il cuore, tra gli 11 e i 15 anni, raddoppia di peso e di volume, allarga i suoi orifizi, aumenta il calibro dei vasi, diminuiscono le contrazioni. E’ questo il periodo in cui, a seguito di uno sforzo anche leggero, il cuore cambia di ritmo nelle frequenze, denuncia crisi di palpitazioni ed manifesta accelerazioni brusche: attenzione a non caricare eccessivamente per ottenere subito risultati migliori.
La pubertà è il periodo degli affaticamenti inspiegabili, spesso tradotti dall’Istruttore (impreparato) in scarsa volontà e fiacchezza, con giudizi pesanti e non corrispondenti alle vere situazioni in atto.
Le capacità motorie e la tecnica esecutiva
Non si può insegnare una corretta tecnica esecutiva di un gesto o di un movimento, se prima non è stata creata una base multilaterale su cui costruire successivamente.
“Se non si educano e non si sviluppano le capacità e le abilità motorie individuali non si migliora la tecnica esecutiva”.
A tale scopo analizziamo le capacità motorie individuali da sviluppare, onde trasformare definitivamente gli schemi motori di base in abilità motorie.
Gli incrementi della capacità di forza, insignificanti fino agli 11 anni, ma uguali sia per i maschi che per le femmine, dal 12 ai 15 anni sono maggiori nei maschi (forza di lancio, forza di salto).
La forza di lancio si sviluppa molto verso i 12-13 anni, mentre la forza di salto mostra tassi di incremento elevati dai 12 anni in avanti.
E’ importante, quindi, lavorare in palestra a carico naturale e con piccoli attrezzi (non usare palloni medicinali troppo pesanti e non lavorare con esercizi di pliometria).
Relativamente alla resistenza alla corsa, a 12 anni si registrano tassi di incremento maggiori nei maschi e a partire dai 12-13 anni, le funzioni anaerobiche sono molto allenabili (“curare” in modo particolare i tempi di recupero e l’educazione respiratoria).
Lo sviluppo della capacità di resistenza cresce fino ai 12 anni in modo parallelo tra i due sessi e in seguito, dopo un breve periodo di stallo per quanto riguarda le femmine, si ha un pronunciato regresso dovuto alle prime mestruazioni, all’aumento di peso che rende precario il rapporto forza-peso e alla variazione del rapporto massa magra-massa grassa.
Gli allenamenti relativi allo sviluppo di questa capacità non devono essere troppo lunghi e faticosi, altrimenti insorge la fatica (spesso più mentale che fisica).
E’ importante lavorare sia sullo sviluppo della resistenza di base (capacità di gareggiare o di giocare la partita), che su quella specifica (movimenti senza palla, in attacco e in difesa, rimbalzi, tiri a canestro, tiri in porta, schiacciata, realizzazione di una meta, passaggi, palleggi con le mani e con i piedi, etc.).
Siccome i giochi collettivi sono simmetrici, aciclici, di situazione, di tipo aerobico-anaerobico alternato, le azioni di gioco devono essere rapide e di riflesso bisogna sviluppare la rapidità (di reazione, di esecuzione, di frequenza dei movimenti)
Verso i 12 anni si registra il “top” dell’escalation della rapidità (rapidità di reazione a stimoli e frequenza dei movimenti), di concerto con lo sviluppo delle capacità coordinative, che si devono necessariamente educare dai 6 agli 11 anni se si vogliono ottenere successivamente buoni risultati.
E’ importante lavorare anche sul tempo di risposta agli stimoli (uditivo, visivo, tattile) proponendo, in allenamento, esercizi con situazioni sempre diverse.
Per sviluppare la capacità di rapidità è meglio lavorare all’inizio dell’allenamento e non in condizioni di fatica.
La mobilità articolare (flessibilità) deve essere educata continuamente e sviluppata progressivamente inizio dello stretching).
Non si può iniziare un lavoro di irrobustimento se prima non è stato compiuto un buon lavoro di mobilizzazione a tutti i livelli.
La capacità di mobilità articolare è una capacità intermedia tra le capacità condizionali e le capacità coordinative ed è il “presupposto” per una “economica” esecuzione di un gesto o di un movimento.
Essere flessibili nello sport significa saper correre, saltare, passare, ricevere, tirare, muoversi senza palla in attacco e in difesa in modo economico.
In età puberale si registra una crescita della mobilità articolare della colonna vertebrale, verso i 12 anni notiamo una stasi della mobilità dell’articolazione scapolo-omerale (che crescerà fino a 14 anni), mentre la mobilità dell’articolazione dell’anca decresce continuamente dopo i 12 anni (se non sviluppata).
E’ importante tener conto di tutto ciò in funzione dell’insegnamento dei fondamentali individuali (ad esempio nel tiro a canestro la spinta parte dai piedi, interessa il ginocchio, la spalla, il gomito, il carpo, le articolazioni interfalangee, etc.) e quindi, se non esiste una buona mobilizzazione articolare a tutti i livelli, i gesti tecnici non possono essere espressi al meglio.
Le capacità coordinative
Il periodo migliore per l’apprendimento dei gesti e dei movimenti va dai 10 ai 13 anni per i maschi e dai 10 ai 12 per le femmine.
A quest’età si realizza uno dei punti massimi dell’intero sviluppo motorio e l’apprendimento motorio procede tanto più velocemente quanto più i ragazzi dispongono di esperienze motorie polivalenti, polisportive e multilaterali precedenti.
Le capacità coordinative si suddividono in:
Le capacità coordinative devono essere educate contemporaneamente alle capacità condizionali e alla mobilità articolare, in quanto sono il presupposto fondamentale per lo sviluppo di una tecnica efficace e corretta.
Il lavoro di sviluppo della coordinazione (globale e segmentaria) sul controllo motorio, sugli analizzatori (acustici, visivi, tattili, cinestesici), sull’equilibrio (apparato vestibolare), sulla percezione del tempo e dello spazio, sul ritmo, sulla capacità di anticipazione e di scelta, è la base per migliorare la capacità di prestazione individuale.
In palestra l’Istruttore giovanile non deve solo lavorare sui fondamentali in modo esasperato (ci sarà tempo dopo!), ma deve sviluppare la mobilizzazione (stretching), proporre esercizi di pre-acrobatica, di equilibrio, di lateralità e bilateralità, a coppie, in situazioni diverse, esercizi didattici, gare e giochi.
Sicuramente i fondamentali individuali (e di riflesso quelli collettivi) miglioreranno, migliorerà la capacità di anticipazione e di scelta, il controllo dei gesti e dei movimenti, i fondamentali di gioco diventeranno più efficaci.
L’insegnamento dei gesti tecnici, dovrà passare attraverso le tappe della coordinazione grezza (che corrisponde all’assimilazione della base tecnica del gesto da imparare), della coordinazione fine, con la precisazione ulteriore dei diversi gesti e movimenti e della stabilizzazione della coordinazione fine e dello sviluppo della disponibilità variabile.
Nella prima tappa, l’Istruttore deve semplificare al massimo l’apprendimento dei fondamentali; è necessario creare condizioni tali che già ai primi tentativi il ragazzo riesca a percepire sensazioni corrispondenti a quelle della corretta esecuzione del gesto (dimostrazione e spiegazione chiara e corretta da parte dell’Istruttore).
I fondamentali tecnici di gioco devono essere capiti dai giovani, non solamente eseguiti senza saper il perché si fanno; la correzione non deve essere troppo analitica, occorre procedere dal facile al difficile, dal conosciuto allo sconosciuto.
Progressivamente il gesto deve essere interiorizzato dall’atleta, devono essere rimosse le parti inutili (sincinesie), all’inizio si deve curare l’essenzialità del gesto e non la sua esteticità.
E’ importante che l’Istruttore giovanile crei subito nei suoi atleti l’immagine generale del gesto o del movimento da apprendere (chiedere loro se hanno capito a cosa serve, perché si deve fare e come si deve eseguire), lasci loro la possibilità di sbagliare senza l’assillo di essere puniti e consenta loro un ampio spazio alla creatività e alla fantasia motoria.
Quando l’Istruttore avrà valutato che il gesto e stato assimilato, memorizzato e rappresentato correttamente, passerà alla fase successiva, cioè alla “messa a punto” del sistema dei movimenti.
Questa fase inizia dopo l’acquisizione della forma generale del gesto e prosegue fino allo stadio della forma raffinata (con pochi errori).
Il processo di perfezionamento della coordinazione dei movimenti rappresenta l’aspetto più evidente di questa fase; in questo preciso momento si concentrano i processi di eccitazione, si producono diverse reazioni inibitorie, si registra una ulteriore precisazione de decorso dei processi corticali, si va verso l’automatizzazione del movimento (senza una attenzione consapevole).
Così facendo, la coordinazione motoria è perfezionata e stabilizzata ed il compito motorio viene assolto con grande sicurezza e consapevolezza.
Le abilità motorie
Tutto ciò non può essere ancora definito come abilità motoria specifica, in quanto non è ancora stato consolidato un sistema di movimenti ben formato ed inoltre il gesto può essere ancora disturbato dalla fatica, dall’emozione, dall’ansia, dalla pressione dell’Istruttore (che vuole tutto e subito) e dall’aumento dello sforzo fisico.
Le abilità motorie specifiche delle diverse discipline sportive (ad esempio nella pallacanestro: muoversi per ricevere la palla, palleggiare, tirare, passare, muoversi in difesa) devono essere plastiche, adattabili ad ogni situazione di gioco, ma solide nella loro base. Ciò si ottiene lavorando non esclusivamente sull’automatizzazione dei gesti, ma presentando esercizi sempre diversi, con posizioni di partenza e conclusioni differenti, da destra, da sinistra e dal centro, con varianti esecutive, etc.
L’Istruttore non deve correggere troppo spesso, non deve punire, deve saper utilizzare i feed-back in modo intelligente e non pretendere che tutti eseguano i gesti perfettamente prima del tempo dovuto.
La terza tappa della formazione delle abilità motorie è caratterizzata dalla stabilizzazione della coordinazione fine e dallo sviluppo della disponibilità variabile.
E’ questa la tappa finale del processo di insegnamento, che non si ottiene in tre o quattro allenamenti, in quanto per ottenerla ci vuole tempo, pazienza e buon senso da parte dell’Istruttore!
Quando un atleta “possiede” il gesto, lo padroneggia, lo cambia a seconda di quanto succede durante la gara o in campo, è il momento giusto per affinare i movimenti, per correggere, per aumentare le difficoltà esecutive.
La stabilità di un gesto o di un movimento è prodotta dalle numerosi ripetizioni dello stesso in situazione sempre diverse, tali da rafforzare l’abilità motoria stessa.
L’acquisizione dell’automatizzazione di un gesto o di un movimento permette al giovane di concentrare la sua attenzione nell’impiego di azioni tecniche in situazioni di gioco complesse (ad esempio nella pallacanestro, la tattica individuale in attacco e in difesa nell’1 contro 1, la selezione del passaggio e del tiro, il diverso utilizzo del palleggio, la scelta del tipo di movimento da attuare per ricevere la palla, etc.).
La complicazione delle condizioni di gioco negli sport di situazione (situazioni di sovrannumero e sottonumero) contribuisce all’educazione delle capacità tattiche (“leggere” il gioco sia in attacco che in difesa).
Il perfezionamento dei fondamentali specifici di gioco corre in conformità con lo sviluppo delle capacità motorie; tuttavia, affinché il livello di utilizzo delle stesse sia completamente raggiunto, è necessaria una buona padronanza tecnica del gesto.
Ad esempio, la perfetta meccanica del tiro in porta, del tiro a canestro, della schiacciata, oppure un passaggio della palla con le mani o con i piedi, si insegna dopo aver mobilizzato ed irrobustito le articolazioni interessate, poi si deve insegnare come velocizzare il gesto, lo si deve “pulire” dalle sincinesie e renderlo più armonico e fluido.
La capacità di ricostruire continuamente un gesto, un movimento, in base alle continue variazioni di peso, di statura, di lunghezza degli arti, etc. deve essere “bagaglio” di ogni atleta, sulla base della conoscenza del gesto stesso.
Se un atleta aumenta l’esplosività nel saltare (tiro a canestro, schiacciata nella pallavolo, colpo di testa nel calcio, etc.) deve parallelamente modificare il suo equilibrio e la tecnica esecutiva.
Comunque non si possono insegnare movimenti e gesti difficili se non esiste una base multilaterale solida su cui costruire successivamente.
Più esperienze motorie e sportive si possiedono, più gesti e movimenti si conosceranno e di conseguenza si potranno utilizzare giocando.
Così facendo, non avremo più atleti e giocatori “robot”, ma atleti e giocatori pensanti e creativi, che inventano e giocano con fantasia (tiri in porta in acrobazia, tiri a canestro in controtempo, passaggi dietro la schiena, etc.).
La formazione dei movimenti o gesti complessi avviene sulla base della rielaborazione di movimenti conosciuti precedentemente e quanto più sarà elevato il numero di esperienze sportive vissute, tanto maggiore sarà la capacità di costruire nuove abilità specifiche e di adattarsi continuamente alle diverse situazioni che si presentano durante il gioco.
Dal gioco-sport allo sport
Il passaggio dal gioco-sport (5-10 anni) allo sport (dagli 11 anni in avanti), non deve essere traumatico, in quanto questo è un periodo determinante per decidere di continuare o meno la pratica di una disciplina sportiva!
Il lavoro in palestra deve tener conto del fatto che molti giovani potrebbero aver praticato una o più discipline sportive negli anni precedenti (chi poco, chi tanto), che alcuni potrebbero aver iniziato a praticare lo sport da poco tempo e, quindi, prima di iniziare un lavoro specifico bisogna vedere da dove cominciare (test antropometrici, funzionali, motori generali e specifici, test psicologici e sociometrici) per poter programmare correttamente.
Il gioco-sport e il passaggio allo sport devono essere due proposte simili ma non uguali, con un passaggio “dolce”, senza sorprendere o sbalordire nessuno.
I talenti
E’ bene che un Istruttore giovanile si accorga subito del o dei talenti che ha nel proprio gruppo o in squadra.
Il talento registra subito prestazioni superiori alla media quando è sottoposto ai test motori generali e specifici, è un atleta particolare, estroverso, a volte ingestibile, ma se ad esempio lo rendiamo importante mettendolo al servizio della squadra per farla crescere, vedremo che miglioreranno entrambi.
Con i talenti occorre pazienza, qualche volta bisogna usare il pugno di ferro, qualche volta la carota, però in linea di massima sono abbastanza riconducibili.
Purtroppo si vedono, a livello giovanile, squadre di calcio o di pallacanestro, di pallavolo, di pallamano, etc. che eseguono schemi rigidi di gioco, giocatori che non inventano niente e che eseguono meramente ciò che vuole l’Istruttore.
Così facendo, perdono di vista il loro compito principale che è quello di insegnare ai giovani a giocare sempre meglio e ad allenarsi con serietà, passione ed entusiasmo.
Purtroppo i fondamentali di gioco spesso vengono insegnati rigidamente e analiticamente attraverso esercizi stereotipati, le correzioni sono continue, idem le punizioni e al momento della verifica (la partita) ci si accorge che i giocatori eseguono alla perfezione i fondamentali esteticamente ma non sanno usarli (essenzialità).
La capacità di gioco
Gli atleti e i giocatori devono invece essere coinvolti direttamente nel gioco, devono saper risolvere tutte o quasi le situazioni-problema che si presentano in campo durante il gioco e per poter far bene tutto ciò devono conoscere i movimenti che possono fare con il corpo, nello spazio, nel tempo, con la palla o senza, vicino o lontano dalla porta, dal canestro, dalla rete, con o senza difensore/i davanti.
Ci si deve convincere che “ingabbiando” il giovane atleta in una serie di obblighi (“devi fare così”, “se non fai così, ti cambio”), lo si espropria della sua fantasia motoria, della sua voglia di esprimersi ogni tanto come vuole, con estro e fantasia.
Il gioco-base negli sport di squadra
Il gioco-base è la piattaforma ideale per insegnare correttamente ai giovanissimi come si gioca:
– far giocare
– osservare
– correggere
-ritornare a far giovare
Bisogna fornire ai giocatori tutti gli strumenti per capire che cosa devono fare in campo e come devono comportarsi (logica applicata al movimento).
I giovani atleti non devono essere contenitori passivi da riempire con nozioni, sono esseri pensanti, operanti, vivi, creativi, per cui l’Istruttore deve sapersi comportare in relazione alle diverse individualità.
L’educazione della capacità di anticipazione e di scelta viene spesso dimenticata nei programmi di allenamento (assieme al tiro), per dare invece spazio alla costruzione degli schemi di gioco.
Conclusioni
I giovani atleti devono essere messi in grado di “leggere” progressivamente ciò che avviene in campo, in base a quello che hanno appreso durante gli allenamenti.
L’insegnamento dei fondamentali non deve essere indirizzato solo verso la ricerca della pura gestualità, ma anche attraverso la capacità e la possibilità di risolvere i problemi di gioco che si presentano di volta in volta in campo.
Adattando le capacità individuali alle situazioni reali della partita, l’Istruttore deve mettere i suoi atleti in condizione di giocare e per poter far questo bisogna osservarli bene (non guardarli) mentre giocano.
—————————————
ALTRI ARTICOLI GIA’ TRATTATI SUL BLOG NELLE CATEGORIE. CLICCA SULLE CATEGORIE PER LEGGERLI.
TECNICA
ESERCIZI
COMUNICAZIONE
SCUOLA E MINIBASKET
MINIBASKET NEL MONDO
PEDAGOGIA
FISIOLOGIA
VIDEO
SCARICA GRATIS LA MIA DISPENSA L’ALLEDUCATORE
Vi ricordo che potete iscrivervi alla mia newsletter gratuita, per restare sempre aggiornati sul #minibasket a misura di bambino. In regalo la dispensa l’Alleducatore.
Prof. Maurizio Mondoni
#iostoconibambini
#alleducatore
#minibasket