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Il valore dello sport nei preadolescenti

Il valore dello sport nei preadolescenti

Premessa

In questo periodo i giovani si distaccano dal proprio corpo infantile, devono ridefinire le loro relazioni rispetto alla nicchia familiare, per simbolizzarle nuovamente in una prospettiva autonoma, dando spazio e investimento affettivo al gruppo dei pari e confrontarsi con il sociale.

Questa è l’età nella quale i giovani iniziano a sviluppare il controllo motorio, perfezionano i gesti e i movimenti, anche se già nella fanciullezza molti hanno iniziato precocemente a praticare danza, nuoto, tennis, calcio, ginnastica artistica, roller, basket e volley.

La preadolescenza

In questo periodo il giovane si gioca un altro pezzetto della scoperta di sé attraverso l’esperienza ludica, l’esperienza scolastica e l’esperienza sportiva.

Ma la domanda che si pone il giovane è sempre la stessa: “chi sono io?”,cosa sono capace a fare?”.

Le esperienze motorie e sportive aiutano il giovane a diventare più sicuro e responsabile di sé.

Noi Insegnanti, Educatori, Allenatori dobbiamo aiutarlo a costruirsi delle solide e corrette abilità motorie e sportive, dobbiamo fare in modo che diventi capace di gestire il proprio corpo, di risolvere situazioni problematiche, di scegliere autonomamente soluzioni e di contare sulle proprie capacità.

La preadolescenza non è ben definibile dal punto di vista cronologico, anche se normalmente è compresa fra gli 11 e i 15 anni. E’ un’età di transizione, di incertezza e di ambiguità, in cui avvengono i riti di passaggio dalle sicurezze infantili ai conflitti della società adulta. E’ una fase di grandi metamorfosi psicologiche che riguardano sia il mondo interno sia lo scenario interpersonale del giovane. Le trasformazioni psicologiche e fisiologiche che avvengono in questo periodo, creano le premesse per una ristrutturazione della persona e della personalità, ma nello stesso tempo rendono inaccettabile al giovane la forte dipendenza dall’adulto, vissuto fino a quel momento come indiscutibile.

Infatti, il comportamento più frequente del preadolescente oscilla fra le richieste di responsabilizzazione e gli atteggiamenti di protezione o di non valorizzazione.

A volte il giovane si arrabbia se l’Insegnante critica la sua azione, ma poi capisce che se vuole “crescere” in quell’attività o in quello sport, deve imparare ad accettare la critica costruttiva dell’adulto; difficilmente sopporta invece i rimproveri che, se insistenti o denigratori, portano presto all’abbandono della pratica sportiva.

A quest’età il giovane deve sentire che qualcuno lo sta aiutando, che qualcuno sta mettendo a disposizione le sue energie, la sua intelligenza e sta dedicandosi a lui.

 

L’Insegnante di Scienze Motorie e Sportive

Per questo noi Insegnanti dobbiamo giocare con il loro stesso linguaggio e con le loro stesse carte, che sono quelle della comprensione emotiva e della relazione anche empatica.

I giovani stessi cercano, senza saperlo e senza sapere come fare, relazioni stabili e significative e sentono la necessità di sentirsi apprezzati, non vogliono emergere, ma vogliono essere inclusi in circuiti relazionali e di vita sociale.

A questo punto, ci sembra importante percorrere la via dello sport come strumento di socializzazione capace di generare questi legami sociali.

La pratica sportiva, liberata da una competitività esasperata, pone l’accento sull’allargamento della partecipazione rispetto al risultato e porta i giovani alla riscoperta del valore e del significato dello stare insieme e della solidarietà.

 

Il disagio

Purtroppo il disagio preadolescenziale si manifesta spesso con il rifiuto delle regole e con l’insuccesso scolastico, ma anche con forme di devianza e di marginalità sociale piuttosto marcate. Questa condizione di “marginalità sociale” del preadolescente, determinata dal fatto che non appartiene né al gruppo dei bambini né a quello degli adulti, lo pone in una situazione d’incertezza che indebolisce il senso della propria identità personale, sessuale e sociale.

La crescita di tensioni e pulsioni indotte dallo stesso stile di vita della nostra società, dai continui messaggi negativi che giungono ai giovani dal mondo degli adulti, alimenta comportamenti nei quali registriamo sempre più la gratuità della violenza, il bullismo e il non rispetto delle regole.

 

La cultura della legalità

La cultura della legalità e di una forte dimensione educativa andrebbe trasmessa dalla famiglia, dalla scuola e dalla Società Sportiva. Purtroppo la scuola a volte disattende quest’aspettativa, limitandosi a superficiali norme di comportamento, perché incapace di farsi carico nel profondo del malessere dei suoi studenti e della loro solitudine esistenziale.

Spesso è l’Insegnante di Scienze Motorie e Sportive che sa incoraggiare, ascoltare e accompagnare il “gruppo classe” con offerte motorie molteplici e polisportive, ma anche costanti e continue negli anni di frequenza scolastica con l’intento di creare nei giovani un’abitudine duratura alla pratica motoria e sportiva.

A scuola l’Insegnante può organizzare un contesto di gioco e di sport che motivi alla lealtà, alla tenacia nel raggiungimento del risultato sperato, all’accettazione di sforzi e di sacrifici.

Il confronto nello sport giocato a scuola non è altro che una sfida con confini precisi e controllabili, dove l’Insegnante ha il ruolo di osservatore e arbitro, ma dove spesso le regole sono facilmente autogestite dagli stessi alunni.

L’avversario diventa colui che offre nuovi stimoli, che sprona a controllare le proprie forze e le abilità, che spinge a dare sempre il massimo.

In una squadra le relazioni tra compagni non sono mai statiche e definite, si sperimenta continuamente la contrattazione e si impara a gestire in modo corretto i conflitti e i litigi.

 

Le regole dello sport

Le regole dello sport (che sono anche regole di vita), sono a volte infrante e provocano nei giovani, discussioni e atteggiamenti di un’improvvisa rinuncia al confronto.

Ciò che conta è che nel conflitto leale le parti in causa hanno la possibilità di esprimere i diversi punti di vista e l’Insegnante rivisita i fatti accaduti insieme al gruppo, riesamina i diversi punti di vista e propone una soluzione condivisa.

D’altra parte, già a quest’età, l’alternarsi di vittorie e sconfitte rappresenta un importante momento evolutivo perché le une confermano l’autostima e la voglia di migliorarsi, le altre portano alla consapevolezza di avere dei limiti.

Il giovane ogni giorno cerca la sua identità nel rapporto con i coetanei,
entrando in rapporto con gli amici, riceve diverse risposte (essere riconosciuto come il leader, essere cercato perché gioca bene a calcio o perché sa tenere unita la squadra di pallavolo), che danno identità a se stesso e soprattutto che lo porta ad entrare in relazione con gli altri cercando quella che è “la distanza ravvicinata”, che potremmo chiamare intimità.

Qualche volta il contatto con l’altro avviene in questa forma, altre volte è un’ambivalenza che crea relazioni molto altalenanti, per cui con la stessa persona il preadolescente è nemico-amico.

Ci saranno continuamente grandi lotte, grandi amori, ma anche momenti di vergogna, che sfociano spesso in senso di paura di se stessi, di sfiducia, di dubbio.

 

La ricerca dell’altro

Intimità e vergogna spingono il giovane al bisogno di creare legami, alla ricerca della vicinanza con l’altro, anche se resta la paura di entrare a distanza fin troppo ravvicinata.

Per l’Insegnante è importante cogliere quest’ambivalenza, leggerla in questa chiave e cercare di capire ciò che succede nel mondo interiore di questi giovani, che altrimenti noi Insegnanti non riusciremmo a comprendere.

In questa fascia d’età si richiede da parte degli Educatori un’elevata capacità di lettura dei fenomeni comportamentali dei giovani.

Come Insegnanti, ma anche come genitori o come operatori sociali, possiamo favorire un’evoluzione della qualità della relazione Educatore-preadolescente, inquadrando sempre più l’agire specifico educativo–pedagogico in un’ottica di “promozione del benessere”, anziché di scoraggiante rincorsa alla cura del disagio.

Non è facile dialogare con il preadolescente, proviamo a entrare nel loro mondo, invitiamoli ad ascoltarci, a capire i concetti, ma non è facile.

Oggi diventa urgente individuare forme di intervento preventivo che aiutino i giovani a trovare il loro equilibrio psico-fisico e ad incanalare le loro passioni, le aspettative e le speranze in adeguate manifestazioni comportamentali.

 

L’Educazione Fisica e Sportiva

L’Educazione Fisica e Sportiva è riconosciuta oggi come un aspetto assai rilevante della formazione integrata, i cui principi pedagogici si fondano su un vasto quadro di valori culturali, sociali ed etici.

La pratica di uno sport, l’appartenere a un gruppo che si amalgama e segue regole precise e condivise, è un mezzo per canalizzare le proprie preoccupazioni, per conoscere i propri limiti, per costruire il senso di appartenenza e condividere e scambiare nuove esperienze.

I primi segnali della conclusione della latenza e dell’arrivo della preadolescenza significano per i maschi un aumento dell’’irrequietezza e dall’agitazione, compare la passione per il linguaggio “sporco” e la volgarità.

Spesso l’interesse per lo sport è talmente vivo nei giovani da divenire totalizzante (è il periodo delle vocazioni sportive se l’Insegnante è un leader, un trascinatore); in realtà rappresenta solo uno dei tanti interessi che essi devono coltivare.

A quest’età la pratica sportiva deve strutturarsi per favorire una pluralità di interessi e una graduale maturazione della persona, offrendo continue occasioni per la costruzione della propria identità.

Non dimentichiamo che il concetto di sé è un elemento molto importante soprattutto nella preadolescenza, durante la quale avvengono importanti cambiamenti nelle relazioni con i coetanei, genitori e adulti in genere, ma anche modificazioni puberali a volte rapide e disarmoniche.

Per il giovane di 13-14 anni diventa importante riappropriarsi del proprio corpo che si trasforma continuamente.

Il binomio amici-amori è l’area relazionale nella quale normalmente ci si muove a questa età; sono questi i primi rapporti ravvicinati, dove la dimensione affettiva comincia a esplodere, dove si inizia a scoprire l’altro, anche nella sua fisicità e nella dimensione della sessualità.

Sono queste le primissime esperienze segnate dalla curiosità, dalla paura e dalla poca comprensione.

 

E’ importante affermare un nuovo modello di sport per i giovani!

Questo nuovo modo di praticare lo sport non può non tener conto dei nuovi stili di vita, non può prescindere dal rapporto che i giovani hanno a questa età con il proprio corpo e quindi lo sport stesso diviene veicolo di esperienza, di conoscenza, di relazione, di socializzazione con il mondo.

Nella fase iniziale dell’approccio all’attività sportiva, la dimensione ludica è prioritaria, poi nella competizione ognuno potrà dare dimostrazione di sé a se stesso e agli altri e potrà operare delle scelte a seconda dello schema valoriale in cui l’attività sportiva è inserita.

Per il preadolescente l’attività sportiva si associa al controllo e alla voglia di mettersi alla prova per raggiungere quell’autostima che gli permetterà di mantenere le sue relazioni sociali, ma si associa anche al bisogno di autodisciplina, alla ricerca del benessere, della lealtà e rispetto delle regole in opposizione alla slealtà e all’anarchia.

 

Cosa chiede lo sport ai giovani d’oggi

Lo sport chiede ai giovani d’oggi sacrificio, volontà, determinazione, ma chiede anche di non nuocere mai all’integrità dell’avversario, di non prevaricare i diritti dell’altro, di ammettere l’errore, di rispettare chi è preposto alla verifica (giudici e arbitri), senza dare alcuno spazio alla violenza e accettare di buon grado il verdetto finale.

Io credo fermamente nei giovani d’oggi, noi Insegnanti dobbiamo colloquiare con loro, cercare di capirli, dobbiamo ascoltarli, dobbiamo far loro recuperare determinati valori e ideali: l’etica morale, civile e sportiva, il fair-play, il buon esempio nello sport, la lealtà, il rispetto degli altri e credere di più in se stessi, senza copiare indiscriminatamente falsi idoli.

Un buon Insegnante deve educare i giovani sia alla vittoria che alla sconfitta: insegniamo a perdere senza far drammi e insegniamo a vincere senza esaltarci troppo.

 

“Umano è vincere, umano è perdere, ma la sfida sta nel saper vivere con nobiltà e dignità d’intenzione e di comportamento, l’uno e l’altro momento della vita: entrambi sono degni di memoria se riferiti al cammino di crescita e di perfezione della persona”.

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Prof. Maurizio Mondoni
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